La Corte Europea dei diritti Umani contesta ogni forma di accertamento, che anche indirettamente, possa far desumere le posizioni dei cittadini in materia di orientamenti religiosi.
STRASBURGO - “la libertà di manifestare le proprie convinzioni religiose comporta anche un aspetto negativo, ovverosia il diritto dell’individuo di non essere costretto a manifestare la propria confessione o i propri convincimenti religiosi e di non essere costretto ad agire in modo che si possa desumere che egli ha - o non ha - tali convincimenti. Le autorità statali non hanno il diritto di intervenire nella sfera della libertà di coscienza dell’individuo e di indagare sui suoi convincimenti religiosi, o di costringerlo a manifestare i suoi convincimenti in merito alla divinità. Questo è tanto più vero nel caso in cui una persona è costretta ad agire in tal modo allo scopo di esercitare certe funzioni, segnatamente in occasione della prestazione di un giuramento”. E' quanto ha affermato la Corte Europea di Strasburgo con una sentenza del 21 febbraio 2008 (http://olir.it/ricerca/getdocumentopdf.php?Form_object_id=4616), sanzionando, su ricorso dell'avvocato Arret Alexandridis, la Grecia perché in occasione della prestazione del giuramento previsto per l’inizio della attività forense, di fatto pretende una dichiarare l'appartenenza religiosa.