La fede a punti
Fioroni reitera l’O.M. per tentare di favorire la scelta dell’insegnamento della religione cattolica
di Maria Mantello
Premessa. All’inizio ho pensato di scrivere un articolo nuovo, ma visto che il Ministro Fioroni reitera le sue O.M. di smaccato favoritismo per le gerarchie vaticane; e poiché le considerazione da fare in merito sono purtroppo le stesse, ripropongo, con qualche aggiustamento, un mio pezzo pubblicato sull’argomento lo scorso anno.
I lettori non me ne vorranno. …Anche i laici devono risparmiare energie.
Giovanni Gentile, ministro del neonato governo Mussolini del 1922 voleva dare più peso all’insegnamento cattolico nella scuola fascista. Un obbiettivo da realizzare mediante qualche piccolo espediente burocratico, rivendicato da lui stesso con orgoglio: “Mentre oggi si prescrive che basta che un certo numero di padri di famiglia si trovino d’accordo nel farne precisa richiesta, tale prescrizione dovrà essere rovesciata nel senso che l’insegnamento religioso sarà obbligatorio: soltanto quei padri di famiglia i quali vorranno provvedere da sé all’educazione religiosa dei loro figlioli dovranno presentare una motivata domanda d’esenzione”. Poi l’insegnamento religioso fu esteso nelle scuole di ogni ordine e grado. Era l’effetto del Concordato fascista del 1929. Riaffermato, anche se rivisitato, nel 1984. Questa volta era Bettino Craxi ad offrire al mondo clericale l’occasione per riconquistare il terreno perduto a seguito del grande processo di emancipazione politico-sociale degli anni ’70. In questa occasione la salvaguardia dell’insegnamento della religione cattolica veniva trovata nella formula: curricolare nell’orario e facoltativo nella scelta, che di fatto garantisce ancora oggi la presenza di un insegnante di religione cattolica per classe. Anche nel caso sia un solo studente a frequentare le sue lezioni.
Per salvaguardare il diritto di non servirsi di questa ora confessionale si è dovuto far ricorso alla Magistratura. C’è stato un susseguirsi di sentenze e contro sentenze, fino all’intervento della Corte Costituzionale, che ha finalmente stabilito che gli studenti possono legittimamente non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica, né di altro insegnamento ad essa alternativo. Ricordiamo in particolare, che la sentenza del 1989 afferma che “la previsione come obbligatoria di altra materia per i non avvalentisi sarebbe patente discriminazione a loro danno”. E quella del 1991 ribadisce di “non rendere equivalenti o alternativi l’insegnamento della religione cattolica ed altro impegno scolastico, per non condizionare dall’interno della coscienza individuale l’esercizio di una libertà costituzionale, come la libertà religiosa”.
In nome del supremo principio della laicità dello Stato, pertanto, gli studenti che non optavano per la religione cattolica o per studi alternativi finalmente non erano più sequestrati a scuola. Intanto zelanti cattolici non demordevano con le loro pressioni su alunni e genitori per indirizzare all’insegnamento della religione cattolica, o quanto meno far sì che gli studenti non lasciassero le mura scolastiche. E tutti costoro sembravano aver avuto la meglio. Tuttavia, col passare degli anni, il numero dei ragazzi che frequentano l’insegnamento religioso sono progressivamente e sensibilmente diminuiti. In molti casi i rapporti numerici sono ribaltati. Se in passato quelli che non seguivano l’ora di religione erano uno, due o tre per classe, oggi in molte realtà è l’esatto contrario. In particolare nella scuola superiore. E nelle grandi città. Che fare? Ecco allora la furbata dell’espediente burocratico: dare peso al giudizio dell’insegnante di religione cattolica in occasione dello scrutinio finale. Tentativi fino ad ora sempre falliti, visto che già nei DPR: 751/1985 e 202/1990, che regolano le intese tra Stato Italiano e Vaticano, si prevede che l’insegnante di religione stili una nota informativa a parte. E, in occasione della delibera di promozione o bocciatura, il suo voto non può essere determinante. Insomma non conta.
Ma i funzionari ligi alle gerarchie vaticane non si sono certo arresi. Così hanno cercato di utilizzare il sistema dei crediti che il nuovo esame di maturità introduce per far contare il giudizio dell’insegnante di religione cattolica. L’incremento di credito è ben poca cosa. Visto che, conteggiando tutte le attività extrascolastiche degli alunni, non supera al massimo un punto. Chi decide sulla validità e attribuzione del punto in più, aggiunto alla media delle materie obbligatorie per tutti (per capirci, quelle obbligatorie per tutti, per cui si può essere bocciati o meno) è il consiglio dei docenti di ciascuna classe. Ma ecco che puntuale Fioroni ci riprova a vincolare gli studenti a frequentare l’insegnamento di religione cattolica, aggirando le sentenze della Corte Costituzionale. Ed ecco in piena campagna elettorale (ma i tempi burocratici lo impongono) arrivare l’ O.M n°30, del 10 marzo 2008, prot. 2724, che all’art. 8.14 prevede l’incremento credito anche per quanti scelgono lo studio individuale, oppure decidono di uscire da scuola. Purché siano in grado di certificare la crescita culturale da loro realizzata in queste occasioni. Siamo al paradosso logico (o di fede, avrebbe detto Kierkegaard)! Fatto sta che, di espediente in espediente, da Gentile a Fioroni, l’ora di religione sembrerebbe proprio una storia infinita. E diciamolo, anche un po’ ridicola. Una storia a cui si potrebbe mettere la parola fine rafforzando la laicità dello Stato. Di cui molti politici predicano, ma razzolano molto male. … forse perché per molti di loro la giustizia non è di questo mondo?
maria mantello
In allegato il testo dell’O. M. n°30, 10 marzo 2008, prot. 2724
Articolo: La fede a Punti