Gli italiani ricorderanno che c’erano una volta le signorine da marito, da piazzare sul mercato matrimoniale. La famiglia ne custodiva la preziosa illibatezza da donare allo sposo. Così in abito bianco, proprio come una vittima sacrificale, la ragazza era accompagnata dal padre o da un fratello, o comunque da un maschio di famiglia, all’altare per essere impalmata. In alcune aree geografiche italiane, ancora in tempi non molto lontani, si stendevano le lenzuola della prima notte di nozze, pubblica testimonianza coagulata del rito consumato.

Poi sono arrivati gli anni ’70… E da allora le donne hanno alzato la testa. Hanno rivendicato con forza la loro capacità di esseri pensanti ed autonomi. Hanno preteso di scegliere ed autodeterminarsi. Di essere libere. E lo hanno fatto tra mille difficoltà, contro millenari pregiudizi, per conquistare una faticosissima emancipazione, nel lavoro e a casa. Anche il matrimonio (o la convivenza) è allora diventato il progetto di coppia in una condivisione paritetica. Ma evidentemente nell’immaginario di certi maschi alla Berlusconi, veicola il recondito desiderio di donna-bambola, di angelo del focolare nel ruolo di favorita consenziente. L’ideologo del fascismo, Giovanni Gentile, nel 1929 dichiarava: “la donna è del marito ed è quel che è in quanto tale”.

Ma, nonostante il fascismo sia anticostituzionale, con i fascisti Berlusconi continua a scambiare sorrisi. E forse poiché anche gli apparentamenti di liste o in lista possono essere considerati non meno seri di un contratto matrimoniale, chiediamo: Cavaliere quanto costa il sorriso della signora Mussolini? …E quello di Ciarrapico?

Maria Mantello