ALLA CORTE DEI PAPACCHI - DOPO LA LEGGE 40, COME PREVEDIBILE, ARRIVA L'ATTACCO ALLA 194
Una ben orchestrata manovra da parte di chi non considera le donne individui moralmente responsabili. Ne sono protagonisti Ruini, Bondi, Binetti, ....
sull'argomento pubblichiamo un commento di Katia Zanotti
Niente di nuovo. Al rintocco del nuovo anno il Cardinale Ruini riprende con vigore la crociata contro la legge 194 dichiarandosi favorevole alla proposta di una moratoria degli aborti lanciata da Giuliano Ferrara.
E immediatamente, con zelo sottomesso e cortigiano, Sandro Bondi annuncia una mozione parlamentare per rivedere la legge 194. E Paola Binetti, subito a ruota, si è detta pronta a votare con Forza Italia per la modifica delle linee guida per l'applicazione della legge 194 sull'interruzione di gravidanza.
Ma Ruini, Ferrara, Bondi, Binetti fanno parte di coloro che in questi anni hanno prodotto un vero e proprio attacco alle libertà, ai diritti, alla autodeterminazione delle donne. Fanno parte di coloro che non vogliono capire, o fanno finta di non capire che sui diritti delle donne si determinerà una reinterpretazione dei conflitti e si definirà la qualità della democrazia del nostro paese.
Con testardo orgoglio civile femminile, le donne infatti sanno che nelle politiche pubbliche c’è bisogno del loro sguardo di libertà, la libertà di concepire e costruire una possibilità di vita dentro la quale anche la maternità sia responsabilmente e consapevolmente scelta.
Che cosa si aspetterebbero allora le donne dalla politica, in questo tempo presente di attacco alla legge 194, in cui si propone ripetutamente un’offensiva tutta ideologica per il modo in cui si parla di aborto come soppressione di vita umana.
Si aspetterebbero una precisa assunzione di responsabilità in difesa della legge sulla tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza.
Sono in maggioranza in questo Paese gli uomini e le donne che riconoscono che la legge 194 ha consentito alle donne innanzitutto e alla società italiana di liberarsi dalla piaga dell’aborto clandestino, di ridurre in modo significativo le interruzioni di gravidanza, di agire sulla prevenzione, di avviare serie politiche di tutela della maternità e di affermare l’autodeterminazione delle donne nella scelta di una maternità responsabile.
Sono in maggioranza le persone consapevoli, altresì, che una scelta di maternità libera e responsabile è garantita anche da politiche economiche e di welfare che rispondano a nuovi e acuti bisogni sociali e che riconoscono i diritti fondamentali al lavoro, alla casa, ad una rete di servizi di sostegno alla maternità.
In questo Paese è diventata coscienza collettiva, ampiamente consolidata, l’idea che l’aborto non è un reato, e non è neppure un diritto. E’ una decisione che una donna sa prendere, consapevole.
E’ diventato senso comune assai diffuso che la legge 194 non è una legge come tutte le altre e che se ha retto nel corso del tempo agli attacchi ripetuti e mai sopiti cui è stata sottoposta, tra cui il referendum abrogativo del 1981, è perché nella pratica essa non ha incentivato l’aborto, ha garantito assistenza a chi ne ha avuto necessità, e soprattutto si è affidata al senso di responsabilità delle donne che hanno saputo far valere la loro autonomia.
Davvero oggi sollevare la questione dell’abrogazione della legge vorrebbe dire rischiare di perdere milioni di voti. E Ruini è molto ben avvertito su tutto ciò, tant’è che nel suo intervento di ieri fa un solo preciso riferimento all’aborto terapeutico.
La legge 194 è un rigoroso e saggio punto di equilibrio fra convinzioni diverse da cui in nessun modo si può arretrare.
Che cosa aspetta tutto il centro sinistra a dire con chiarezza e determinazione che la legge 194 non si tocca.