Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno" |
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ELUANA ENGLARO: UN ALTRO CASO WELBY? di Maria Mantello
Tutta la vita di Eluana Englaro sta in quel sondino gastrico attraverso cui il suo corpo inerme riceve artificialmente l’alimentazione. In questa condizione, che non ha niente più di umano, la ragazza di Lecco si trova da 15 anni. Da quando, a seguito di un incidente stradale è entrata in coma neurovegetativo. E la famiglia e gli amici non vogliono proprio rassegnarsi a questo. E’ una non vita, che la ragazza non avrebbe mai voluto, dicono. Per questo il padre, Giuseppe, lotta da anni per ottenere che a sua figlia venga staccata la sonda artificiale. E per questo si è rivolto ai magistrati. Tra appelli e contrappelli (ben otto appuntamenti giudiziari) la vicenda è arrivata in Cassazione. Il 4 ottobre, a Roma, davanti alla Prima sezione civile presieduta da Maria Gabriella Luccioli, Giacomo Caliendo, che di questa Corte è sostituto Procuratore generale, ha chiesto il rigetto del ricorso presentato da Giuseppe Englaro e da Franca Alessi, “tutore legale” di Eluana. Caliendo, che ha fama di “buon cattolico” (è stato anche docente presso la “Scuola di Cultura Cattolica Veneta”, come noto accreditata dal Vaticano come “uno strumento di Catechesi nella fedeltà al Magistero della Chiesa”), ha motivato il suo parere negativo affermando che il trattamento praticato ad Eluana non si configura come "accanimento terapeutico", perché non sarebbe neppure un intervento medico: "é difficile considerarlo un trattamento sanitario: si tratta solo di nutrimento". Caliendo ha dichiarato inoltre, che le testimonianze di familiari ed amici della ragazza non possono essere prese in considerazione, perché "non vi è attualità, né diretta rilevanza". Ed inoltre "non conosciamo che cosa pensava della possibilità di essere nutrita artificialmente". Il Procuratore generale ha anche eccepito sul fatto che Eluana "si trovi in coma neurovegetativo e non in coma irreversibile". A margine del suo intervento ha poi detto: "qualora si staccasse il sondino rimarrebbe il problema della mancanza di consenso di Eluana alla somministrazione di altre medicine per non farla soffrire". Una minaccia o una promessa? Ma del resto tutto l’intervento del giudice, durato circa 20 minuti, appare alquanto singolare, soprattutto per una certa presupposizione ideologica che trapelerebbe in passaggi come questo: "Al bene supremo della vita, tutelata dalla Costituzione come valore più grande, si può sacrificare quello della dignità delle condizioni di vita perché se e come vivere, se e come morire, è una scelta che non può essere lasciata ad altri". Il pronunciamento della Cassazione arriverà entro sessanta giorni, quando verrà depositato il verdetto dei supremi giudici corredato dalle motivazioni. Mentre al quarto piano del “Palazzaccio” si svolgeva l’udienza, il papà di Eluana non ha voluto assistervi, ed ha preferito intrattenersi con Mina Welby, che ha voluto essergli vicino per esprimergli "solidarietà e testimonianza". Questo signore gentile, ma deternimato ha dichiarato alla stampa: “Eluana è prigioniera da 5738 giorni. Le sue indicazioni erano chiare, non ci saremo aspettati così tante difficoltà. In ospedale hanno interrotto il percorso verso la morte di mia figlia, ora quel processo deve continuare. Sempre nella struttura pubblica. Attraverso i protocolli clinici Eluana è stata portata in questa situazione, e attraverso gli stessi protocolli dovrà uscirne". |