Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno" |
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LEGGI RAZZIALI - accadeva nel 1938 70 anni fa una legislazione antisemita fu introdotta dal fascismo con l’assenso della monarchia. Per tale ricorrenza, pubblichiamo alcune pagine del libro “Le persecuzione degli ebrei durante il fascismo” edito dalla Camera dei Deputati nel 1998. Tra il dicembre 1938 ed il dicembre 1942, oltre a quella del commercio ambulante, vennero disposte decine di interdizioni di tutti i tipi. Agli ebrei fu vietato di essere amministratori o portieri in case abitate da ariani; di essere titolari di attività nei seguenti settori: agenzie d’affari, di brevetti e varie; commercio di preziosi; esercizio dell’arte fotografica; mediatori, piazzisti, commissionari; tipografie; impiego di gas tossici; raccolta di rottami metallici e di metalli; raccolta di lana da materassi; ammissione all’esportazione della canapa; ammissione all’esportazione dei prodotti ortofrutticoli; raccolta di rifiuti; raccolta e vendita di indumenti militari fuori uso; vendita di oggetti antichi e d’arte, di libri, di oggetti usati, di articoli per bambini, di carte da gioco, di articoli ottici, di oggetti sacri. Di oggetti di cartoleria, di carburo di calcio; guida di autoveicoli di piazza ecc. Agli ebrei fu vietata la pubblicazione sulla stampa di avvisi mortuari e di pubblicità; l’inserimento del proprio nome in annuari ed elenchi telefonici; la concessione di riserve di caccia; la licenza di pescatore dilettante; la vendita e la detenzione di apparecchi radio ecc. Vennero sostituiti i nomi ebraici attribuiti a vie, piazze e moli marittimi; vennero rimosse le lapidi poste in ricordo di ebrei; agli ebrei fu vietato di accedere ai locali delle borse valori; di affittare camere a non ebrei; di accedere alle biblioteche pubbliche; di far parte di cooperative; di far parte di associazioni culturali e sportive ( e una circolare apposita stabiliva l’esclusione dalle società di protezione degli animali); di essere titolari di permessi per ricerche minerarie; di esplicare attività doganali; di pilotare aerei di qualsiasi tipo; di allevare colombi viaggiatori; di ottenere il porto d’armi ecc. Agli ebrei italiani non discriminati fu vietato di possedere o dirigere aziende commerciali o industriali “interessanti la difesa della nazione” o comunque aventi più di 99 dipendenti (in caso di possesso di più aziende, questo valore era riferito al complesso di esse). Peraltro vari ebrei – discriminati e non – furono indotti a cedere le proprie aziende già al momento del prospettarsi della persecuzione o, soprattutto, a causa degli effetti dell’insieme della normativa. Agli ebrei italiani non discriminati fu inoltre vietato di possedere case e terreni oltre un valore definito dalla legge. Gli enti operanti nel teatro, nella musica, nel cinema, nella radio ecc., afferenti direttamente o indirettamente allo Stato, licenziarono subito tutti i dipendenti stabili (dai dirigenti agli operai) ebrei e annullarono tutti i contratti temporanei ad artisti ebrei; nel giugno 1940 questa norma fu ufficialmente estesa alle imprese private. Le opere di autori ebrei vennero progressivamente escluse dalle trasmissioni musicali della radio, dai programmi dei teatri lirici e di prosa, dai cataloghi delle case discografiche, dalle sale cinematografiche, fino a essere bandite dall’intero settore dello spettacolo nel giugno 1940. Tra la fine del 1938 e gli inizi del 1939 le case editrici cessarono pressoché del tutto di pubblicare nuove opere di autori ebrei; mentre il ritiro dalla circolazione di quelle già in commercio si sviluppò confusamente – e segretamente – tra la primavera del 1938 (quando vennero sequestrati alcuni libri di ebrei tedeschi), l’agosto 1939 (quando venne presa la decisione di ritirare tutta la produzione “ebraica”) e il febbraio 1940 (quando venne ufficialmente comunicato agli editori il divieto pressoché totale di stampa, circolazione e inclusione nei cataloghi). Vennero anche sequestrati i libri non razzisti, come un dizionario da tempo in commercio contenente la definizione: “antisemiti, gente poco civile che osteggia e combatte gli ebrei”. La normativa persecutoria non colpì invece la vita organizzativa e religiosa degli enti ebraici. Peraltro, tra i diritti individuali colpiti vi fu anche quello di “vivere ebraicamente”: il 19 ottobre 1938 venne vietata la macellazione degli animali secondo il rito ebraico; entro la fine di quell’anno tutti i periodici ebraici dovettero in un modo o nell’altro cessare le pubblicazioni e l’anno successivo le autorità respinsero formalmente la richiesta dell’Unione delle comunità; nel 1942 agli ebrei assoggettati al “lavoro obbligatorio” venne vietato di rispettare anche le principali festività ebraiche. La normativa persecutoria nella scuola La politica arianizzatrice nella scuola attuata dal Ministro dell’educazione nazionale Giuseppe Bottai fu totalitaria ed effettivamente completa. Nell’agosto 1938 egli emanò i primi provvedimenti antiebraici di natura amministrativa, decretando il divieto di iscrizione alle scuole di ogni ordine e grado degli studenti ebrei stranieri (divieto successivamente, come si dirà, leggermente emendato), il divieto di conferimento di incarichi o supplenze a insegnanti ebrei, il divieto di adozione di libri di testo di autori ebrei. Egli inoltre, al pari degli altri ministri, dispose l’effettuazione di un censimento razzista di tutto il personale dipendente del suo Ministero (docente e non docente), e raccomandò la diffusione generalizzata nel mondo scolastico della nuova rivista La difesa della razza. L’1 – 2 settembre 1938 il Consiglio dei ministri esaminò un primo gruppo di provvedimenti legislativi persecutori aventi carattere di urgenza, due dei quali concernevano la scuola. Il varo anticipato di questi ultimi rispetto al provvedimento persecutorio di carattere generale (promulgato due mesi dopo) era dovuto all’approssimarsi del nuovo anno scolastico e quindi all’intenzione di Bottai di introdurre le nuove norme antiebraiche prima della formazione delle classi e dell’inizio delle lezioni. Tali provvedimenti erano: il regio decreto – legge 5 settembre 1938, n.1390, che dispose l’esclusione (ossia l’espulsione dei già iscritti e il divieto di nuove iscrizioni) immediata di tutti gli studenti “di razza ebraica” dalle scuole statali o riconosciute di ogni ordine e grado (la dizione comprendeva anche le università, dalle quali però non vennero espulsi gli studenti già iscritti) e la sospensione dal servizio (misura provvisoria in attesa del varo del provvedimento di carattere generale) dal 16 ottobre di tutti gli insegnanti ebrei; e il regio decreto – legge 23 settembre 1938, n.1630 (promulgato con qualche ritardo perchè occorreva definire alcuni dettagli tecnici), che introdusse la possibilità di costruire “speciali sezioni di scuola elementare” (laddove vi fossero perlomeno 10 iscritti) o scuole elementari dipendenti dalle comunità israelitiche (laddove queste fossero in grado di provvedervi) destinate esclusivamente a “fanciulli di razza ebraica” (questa disposizione era dovuta alla preoccupazione governativa di non violare del tutto il principio dell’obbligo scolastico). Il 7 – 10 novembre 1938, il Consiglio dei Ministri varò il regio decreto – legge 17 novembre n. 1728, che definiva le caratteristiche generali della persecuzione antiebraica, e il regio decreto – legge 15 novembre 1938, n. 1779, che riepilogò, modificò e ampliò la normativa concernente la scuola. Il primo di essi tra l’altro stabilì chi doveva essere classificato “ebreo” ai fini dell’applicazione delle norme persecutorie (il decreto del 5 settembre aveva provvisoriamente classificato tale solo il figlio di due genitori ebrei). Il secondo stabilì la seguente normativa: a) Esclusione di tutti gli studenti “ di razza ebraica” dalle scuole elementari e medie di ogni tipo frequentate da alunni “di razza ariana”; peraltro gli esclusi potevano frequentare le scuole elementari e medie cattoliche ( qualora essi professassero tale religione) o quelle elementari e medie per soli ebrei eventualmente istituite, a determinate condizioni, dalle comunità israelitiche, o le già menzionate “speciali sezioni di scuola elementare”. b) Esclusione di tutti gli studenti “di razza ebraica” dalle università, ad eccezione di coloro che – italiani o stranieri, ma non tedeschi – fossero già iscritti nell’anno accademico 1937 - 1938 e non fossero fuori corso. c) Esclusione di tutti gli insegnanti “di razza ebraica” dalle università e dalle scuole pubbliche e private di ogni ordine e grado, ad eccezione di quelle eventualmente istituite dalle comunità e delle “speciali sezioni”. d) Esclusioni di tutti gli altri dipendenti “di razza ebraica” dalle scuole (bidelli, segretari ecc.), dagli uffici del Ministero, dagli enti da questo sostenuti o sorvegliati ecc. e) Divieto di adozione nelle scuole medie di libri di testo redatti, commentati o riveduti da autori “di razza ebraica”, anche se in collaborazione con autori “di razza ariana”.
La radicalità e la totalitarietà di queste norme è evidente, ed a questo riguardo è interessante notare che, relativamente all’esclusione degli studenti ebrei dalle scuole pubbliche, l’Italia fascista precedette la stessa Germania nazista, la quale solo dopo il sanguinoso pogrom del 9 – 10 novembre 1938 decise a sua volta di abbandonare il sistema di numerus clausus istituito nel 1933 e di adottare anche per gli studenti un provvedimento di esclusione generalizzata.
In sostanza,
dal sistema scolastico italiano vennero
espulsi: 96 professori universitari ordinari
e straordinari, più di 133 aiuti e
assistenti universitari, numerose decine di
incaricati e lettori, 279 presidi e
professori di scuola media ( Di tutti questi dati, il più rilevante è forse quello concernente i 96 professori universitari. Essi costituivano il 7 per cento della categoria, e questa percentuale (70 volte maggiore, in termini relativi, di quella dell’intero gruppo ebraico nel complesso della popolazione) era forse la più elevata conseguita in quell’epoca da ebrei in una specifica professione nazionale. Una percentuale così alta segnalava sia la forte propensione ebraica agli studi, sia la larga accettazione degli ebrei da parte degli altri italiani. In quel 7 per cento però vi era anche qualcosa di profondo e fondamentale, di connesso alla stessa italianità: si può legittimamente ipotizzare che il gruppo ebraico costituisse uno dei modelli di elaborazione e trasmissione della cultura superiore e specializzata nella penisola. Anche per questo, l’espulsione dei docenti ebrei è stata una profonda ferita che il regime fascista ha inferto all’Italia, oltre che ai singoli perseguitati. Queste misure legislative furono affiancate ed aggravate da misure disposte con provvedimenti amministrativi. Così, con successive circolari, Bottai ordinò di rimuovere dalle aule le carte geografiche murali realizzate da ebrei ( in quanto assimilate ai libri di testo); dispose la sostituzione dei nomi ebraici di scuole e istituti; decretò che i libri di testo potevano contenere una quantità minima di citazioni e riferimenti al pensiero di autori ebrei e solo a condizione che questi fossero morti prima del 1850; dispose che gli studenti ebrei presentatisi come privatisti agli esami dei cicli elementare e medio venissero esaminati separatamente dagli studenti ariani (e, agli orali, dopo di essi) ecc. Inoltre, per l’università, vennero istituiti o potenziati gli insegnamenti concernenti la razza; fu vietato il riconoscimento dei titoli accademici conseguiti all’estero da ebrei italiani e stranieri; vennero allontanati dalla vita universitaria i professori emeriti e onorari (gli annuari universitari non dovevano dare notizia delle loro attività e della loro eventuale morte); fu proibita la concessione di sussidi e premi agli studenti ebrei ammessi a concludere gli studi ecc. Queste circolari vennero emanate tra l’autunno 1938 e l’estate 1939; ma si trattava di infamie tutto sommato secondarie: la normativa persecutoria principale era già inserita nei regi decreti – legge del 5 settembre e del 15 novembre, significativamente intitolati “per la difesa della razza nella scuola fascista” e “per la difesa della razza nella scuola italiana”. Ma nella scuola non vi fu solo l’introduzione delle norme direttamente antiebraiche. Dall’autunno 1938, e per cinque – sette anni scolastici, le scuole pubbliche della penisola sollecitarono gli studenti rimasti (quelli classificati “di razza ariana”) ad essere coscienti ed orgogliosi della loro superiore arianità, della loro superiore cattolicità, della loro superiore bianchezza, della loro superiore fascistitudine. Razzismo ed antisemitismo dilagarono nei libri di testo, nell’insegnamento, nella vita scolastica quotidiana, nella formazione degli stessi insegnanti. (L'incontro, ott. 2008) | |||||||||||