Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno" |
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Il 4 aprile in piazza l'Italia che vuole
studiare, lavorare, vivere, avere un futuro
comunicato stampa di Domenico Pantaleo, Segretario Generale della FLC Cgil. Il Governo e la Confindustria stanno utilizzando la crisi per modificare profondamente le relazioni sociali, demolendo i diritti individuali e le tutele collettive. Crisi economica e crisi democratica sono sempre più strettamente intrecciate perché Berlusconi vuole stravolgere la nostra Costituzione e, svilendo le funzioni del Parlamento, del Capo dello Stato e dei corpi intermedi della rappresentanza, attribuire a se stesso una sorta potere assoluto da esercitare, anche attraverso il monopolio dei mezzi di comunicazione, in rapporto diretto con il... popolo. I conflitti, che sono il sale della democrazia, vengono demonizzati, perché ostacolerebbero chi governa ad assumere decisioni unilaterali, senza mediazioni né discussioni. Le tutele collettive e i diritti di cittadinanza dovrebbero essere sostituiti, in questa visione reazionaria, da uno Stato sociale minimale, la laicità dalla morale dettata dalle gerarchie ecclesiastiche, l’equilibrio dei poteri nelle fabbriche, nei servizi e nella pubblica amministrazione dal potere assoluto delle imprese e dei Ministri. L’obiettivo è privatizzare i beni pubblici, a partire dall’istruzione, senza i quali non ci potrebbero mai essere uguaglianza di opportunità e libertà. Fa parte del disegno di tagliare le radici della storia Repubblicana e Costituzionale anche l’attacco alla CGIL, ormai uno dei pochi argini alla deriva plebiscitaria. La natura confederale e generale del sindacato è un naturale antidoto alla frammentazione sociale e alle paure perché valori come solidarietà, uguaglianza, libertà, partecipazione e laicità tengono insieme la società e garantiscono la convivenza civile. Il combinato della legge quadro Brunetta con il disegno di legge Aprea, le politiche della Gelmini, l’accordo sul nuovo modello contrattuale e le nuove regole sul diritto di sciopero, se non dovesse essere contrastato adeguatamente, segnerebbe la fine del potere contrattuale del sindacato e il ritorno all’arbitrio sulle condizioni di lavoro. Si vuole indebolire la contrattazione nazionale e integrativa per bloccare le carriere, per ridurre il potere d’acquisto dei pubblici dipendenti, per umiliarli con il continuo richiamo a valutazioni, a provvedimenti disciplinari, riducendo pesantemente perfino le indennità di malattia. Per queste ragioni occorre una strategia che indichi un’alternativa alle scelte di politica economica e sociale di questo Governo, tutte impregnate di quella ideologia neoliberista che si è dimostrata fallimentare e i cui danni si scaricano pesantemente sulle condizioni materiali di milioni di persone. Bisogna riposizionare il lavoro e la qualità della vita al centro delle strategie economiche per misurare la crescita non solo in termini di Pil, ma guardando alla produzione di beni pubblici per soddisfare le domande di benessere dei cittadini. Il diritto alla formazione permanente sarà l’investimento più produttivo proprio perché, sempre di più, inclusione ed esclusione dipenderanno dalle opportunità d’accesso ai saperi. Qualità nel produrre, sostenibilità ambientale, blocco dei licenziamenti, superamento della precarietà, aumento dei salari e delle pensioni, una politica dei redditi fondata sulla riduzione della pressione fiscale sul lavoro dipendente e su maggiori investimenti nella spesa sociale, sono il filo logico che tiene insieme presente e futuro, lavori stabili e precari, salari e pensioni. Le conoscenze sono, quindi, il volano fondamentale per rispondere alla crisi e per affermare la qualità nei processi di sviluppo: senza qualità l’Italia non avrà prospettive nei nuovi scenari che si determineranno dopo il fallimento dei paradigmi economici, finanziari e sociali che hanno retto fino ad ora la globalizzazione. L’educazione può essere il luogo naturale dove si apprendono e si affermano quelle connessioni sociali capaci di tenere insieme le persone e di concepire la multiculturalità come una risorsa per arricchire conoscenze e per il rispetto di ogni diversità. Ma anche per stimolare la propensione all’innovazione continua, sperimentando tutte quelle novità in grado di migliorare modi di produrre, di consumare e di vivere. Per queste ragioni ci opponiamo allo smantellamento dell’intera filiera della conoscenza attraverso tagli pesantissimi che spingono verso la privatizzazione dei saperi. Siamo al punto che nelle scuole non si pagano le supplenze, mancano le risorse perfino per l’acquisto del materiale igienico, per fare le fotocopie, per la cancelleria, ma il disegno di legge Aprea intende trasformarle in aziende che vanno a cercarsi i finanziamenti sul mercato! Nelle università si sentono già i tagli, che avranno i loro effetti devastanti dal 2010, e intanto si annunciano riforme confuse e autoritarie che spingono anche qui verso la privatizzazione (la trasformazione in fondazioni). Da 38 mesi attendiamo il rinnovo del contratto per l’Afam e per il sistema della ricerca si prospettano riduzioni delle risorse finalizzate al reclutamento e alla stabilizzazione dei rapporti di lavoro, proprio mentre abbiamo un disperato bisogno di far crescere il numero dei ricercatori come peraltro evidenziato dal nostro Presidente della Repubblica. Le iniziative di lotta di questi mesi, ultima in ordine di tempo lo sciopero generale dei comparti della conoscenza del 18 marzo, l’esito fortemente positivo dei referendum sulle intese separate dei bienni contrattuali e sulle nuove regole contrattuali, hanno rimarcato la nostra radicale contrarietà a quelle politiche che non sono riforme ma distruggono soltanto le tantissime cose positive che, nonostante le criticità, il nostra sistema d’istruzione possiede. Non ci fermeremo e abbiamo già programmato ulteriori mobilitazioni a sostegno di ciò che riteniamo priorità assolute. Vogliamo più risorse per Scuola, Università, Ricerca e Afam. Non siamo disponibili a subire passivamente i tagli che, in tre anni, porteranno nella scuola una riduzione di 140.000 posti di lavoro, 57.000 solo quest’anno di cui il 40% nel Mezzogiorno. Tutto ciò determinerà il peggioramento dell’offerta formativa e l’impossibilità di soddisfare le domande dei tempi scuola da parte delle famiglie che si sono orientate nella primaria per oltre il 90% sulle 30 e 40 ore, con un forte picco di richieste proprio nel Sud, e nelle medie inferiori verso il tempo prolungato. Chiediamo che si riprenda il reclutamento in tutti i comparti della conoscenza in modo da favorire il ricambio generazionale e una maggiore freschezza culturale. Abbiamo avanzato proposte precise per i precari: la proroga di tutti contratti scaduti, la copertura di tutti i posti disponibili in organico, l’estensione degli ammortizzatori sociali. La battaglia per eliminare la precarietà nei nostri comparti è il centro della nostra azione rivendicativa, direi un debito d’onore verso i più deboli, verso quelle ragazze che il 18 marzo a Palermo ci hanno chiesto di non abbandonarle. La FLC non mollerà e, a partire dalle iniziative promosse in tutti i territori nei giorni 6, 7 e 8 aprile, porterà in piazza ciò che Brunetta intende occultare. Il nostro rapporto strategico con l’Onda degli studenti intendiamo consolidarlo proprio ridefinendo il nesso tra diritto al sapere, diritti di cittadinanza e diritti a non essere condannati alla precarietà a vita. Non consentiremo a nessuno di criminalizzare e reprimere quel movimento perché è linfa vitale per rinnovare questo Paese! Il 4 aprile saremo a Roma, insieme a milioni di lavoratori, di pensionati e di giovani con la voglia di batterci per cambiare. In quei cortei che attraverseranno Roma, fino al Circo Massimo, ci saranno persone di ogni parte d’Italia: gli italiani che non si rassegnano, non si piegano, che non intendono essere spettatori impotenti degli spot del Governo, che non sono disponibili a vedere calpestata la dignità. Ci saranno gli italiani che chiedono giustizia sociale, più attenzione alle condizioni materiali del popolo (quello vero), che difendono la democrazia. In quella moltitudine di volti e di storie potremo riconoscere l’Italia vera e nelle bandiere rosse della CGIL il profilo di una organizzazione seria, coesa e determinata nel far valere le ragioni di chi e di ciò che rappresenta e nel fare prevalere sempre gli interessi generali su quelli particolari e corporativi. FUTURO SI, INDIETRO NO 5 i cortei verso il Circo Massimo, partenza ore 8,30
Roma, 31 marzo 2009 | |||||||||||