Venerdi 10 Ottobre 2008
Aula Magna del Rettorato, Universita di Firenze
Inaugurazione Pianeta
Galileo 2008
Nel 1609, ha ricordato in apertura Francesco
Palla, astronomo e direttore dell’Osservatorio
Astrofisico di Arretri, Galileo realizzò il primo cannocchiale
per uso astronomico. Nello stesso anno, Keplero, a cui dobbiamo la
formulazione delle tre leggi del moto dei pianeti, pubblicò un’opera
fondamentale per la scienza astronomica, dal titolo Astronomia nova
seu physica coelestis. Possiamo affermare, ha precisato Palla, che
l’anno 1609 segna il passaggio, per l’astronomia, da scienza osservativa
a scienza quantitativa. Quattrocento anni dopo, nel 2009, proclamato
dall’Unesco "anno internazionale dell’astronomia", l’Universo ci appare
infinito, come aveva intuito il grande filosofo Giordano Bruno.
Nel Sidereus nuncius Galileo descrisse
la scoperta di quattro dei sessantatre satelliti di Giove chiamati
dallo scienziato ‘pianetini medicei’. Inoltre, l’occhio di Galileo,
continua Palla, fu il primo a osservare Saturno e i suoi anelli. È
incredibile constatare, aggiunge l’astronomo, come Galileo,
nonostante non possedesse telescopi orbitanti e robot in grado di
raggiungere Saturno, avesse, comunque, intuito la presenza di
oggetti a forma di anello intorno al gigante gassoso, come si può
ben vedere dai suoi disegni nei taccuini degli appunti. Dalle
fondamentali osservazioni di Galileo, l’astronomia moderna ha
compiuto passi da gigante: assistiamo a scoperte recenti come, per
esempio, la presenza di grandi oggetti nella fascia di Kuiper, i
dischi circumstellari protoplanetari in stelle giovani e i pianeti
giganti in orbita intorno a stelle solari, precisa Palla.
Al tempo di Galileo si conosceva l’esistenza soltanto di sette
pianeti (Terra, Luna, Giove, Saturno, Mercurio, Marte, Venere).
Keplero escluderà la Luna da questa lista, osservandone il percorso
orbitale intorno alla Terra, anziché intorno al Sole. Nel 1609,
afferma Palla, i pianeti conosciuti erano undici, i sette noti più i
quattro pianeti medicei (galileiani). La lista dei corpi celesti si
è, nel tempo, ampliata, grazie ad alcune scoperte fondamentali. Tra
le molteplici, precisa Palla, occorre ricordare la scoperta, nel
1687, di oggetti orbitanti intorno al Sole diversi da pianeti
(comete) a opera di Newton e Halley, la scoperta di Urano nel 1781 a
opera di Herschel, quella di Cerere, nel 1801, da parte di Piazzi e,
nel 1802, la scoperta, ancora a opera di Herschel, dei corpi oggi
conosciuti come asteroidi, chiamati, originariamente, ‘pianetesimi’.
Sono datate 1846 e 1930 le scoperte di Nettuno a opera di Le Verrier
e di Plutone da parte di Tombaugh. Nel 1949, inoltre, Kuiper e
Edgewoord, osservarono, per primi, gli oggetti ‘transnettuniani’.
All’epoca di Galileo, osserva Palla, non era ancora completamente
chiaro cosa facesse di un corpo celeste un pianeta. Oggi sappiamo
che i pianeti sono oggetti che descrivono un’ellisse intorno al
Sole, possono orbitare intorno a una stella o a resto stellare,
hanno massa sufficiente per la loro autogravità da assumere una
forma quasi sferica e sono in equilibrio idrostatico. Inoltre, un
corpo celeste, per essere definito pianeta, deve avere eliminato
tutti i detriti intorno a séed essere abbastanza ‘piccolo’ da non
innescare reazioni di fusione, aggiunge Palla. Grazie ai nostri
potenti telescopi, siamo a conoscenza dell’esistenza di nuovi
pianetini detti ‘plutoidi’ che non possiedono una forma sferica e
che non sono riusciti a eliminare del tutto i detriti intorno a sé,
osserva Palla; inoltre, abbiamo scoperto la presenza di pianeti
transnettuniani, nella fascia di Kuiper, considerata una vera e
propria riserva di comete a corto periodo. E sappiamo, aggiunge
Palla, che la Nube di Oort, al di là della fascia di Kuiper, è,
invece, una riserva di comete a lungo periodo. Possiamo osservare la
nascita continua di nuove stelle e dare forma fotografica alle
intuizioni geniali di Kant e Laplace sulla genesi del Sistema
Solare. I dischi intorno al nucleo della nebulosa proposta dal
matematico e dal filosofo, considerati, a quel tempo, l’origine dei
pianeti, oggi conosciuti come dischi protoplanetari, sono stati
immortalati con scatti di una rara bellezza. Siamo finalmente in
grado di osservare e analizzare matematicamente quella molteplicita
dei mondi teorizzata da Giordano Bruno, osserva Palla: conosciamo la
presenza di 314 pianeti e 253 sistemi planetari e nessuno di questi,
aggiunge con orgoglio lo scienziato, è simile al Sistema Solare.
Scopriamo, continuamente, nuovi pianeti giganti in orbita a stelle
di tipo solare, riscontrando come i pianeti giganti nei sistemi
extrasolari siano molto più vicini al Sole di quanto ci aspetteremmo
di osservare. È questa incredibile varietà, unita al nostro senso di
meraviglia e di bellezza, conclude Palla, ció che rende unica
l’impresa scientifica nel campo dell’astronomia.
Alberto Binazzi
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