DOPO IL
CONFLITTO FRA ISRAELE ED HEZBOLLAH
ALLA FORZA DELLE ARMI SOSTITUIRE LA FORZA DEL DIALOGO
Editoriale 06/2006
È durato 34 giorni il conflitto iniziatosi il 12 luglio con il rapimento
di due soldati israeliani da parte delle milizie di Hezbollah sulla
frontiera libanese. La reazione d’Israele è stata durissima: bombardando dal
cielo e dal mare il territorio nemico, ha distrutto vie di comunicazione,
case, porti, centrali elettriche con gravi danni anche all’ambiente (la
fuoriuscita di 30 mila tonnellate di olio combustibile nel Mediterraneo ha
provocato un disastro ecologico lungo 120 km di costa dal Libano alla
Turchia).
A loro volta i miliziani di Hezbollah, che formano uno Stato nello Stato
libanese, hanno colpito boschi, villaggi e città israeliane con migliaia di
razzi esplosivi causando vittime civili ed estesi danni materiali anche
indiretti (nel settore turistico).
Pure i miliziani di Hamas hanno lanciato dalla striscia di Gaza numerosi
missili sul territorio israeliano.
Un conflitto alimentato dalle forniture di armi e denari da parte della
Siria e soprattutto dell’Iran, il cui premier Ahmadinejad, negatore
dell’Olocausto ebraico, non perde occasioni per minacciare la distruzione di
Israele e per sviluppare il programma di tecnologia nucleare in vista di una
futura bomba atomica.
Hezbollah si definisce il “Partito di Dio” quasi che Allah
fosse in comunicazione permanente con il terrorismo islamico. Ha scatenato
un conflitto assurdo senza vincitori, né vinti che ha colpito soprattutto i
civili e le strutture dei rispettivi Paesi.
La diplomazia mondiale si è mobilitata ottenendo che l’ONU approvasse la
risoluzione 1701 in base alla quale i “caschi blu”, di vari Paesi, tra cui
l’Italia, stanno presidiando la frontiera libanese per evitare nuovi
ipotetici scontri. Il braccio destro di Osama Bin Laden minaccia dalla TV il
contingente internazionale di pace in Libano e rivendica le stragi dell’11
settembre 2001 negli USA.
L’offensiva dei terroristi islamici con sanguinosi attentati, che fanno
strage di militari e civili, permane nell’Iraq e nell’Afghanistan e
costituisce un continuo pericolo nei Paesi dell’Occidente. Il mondo non è
mai stato tanto in allarme per questa crociata dei fondamentalisti islamici,
che si traduce non solo con attentati sanguinosi, ma con la sfida di
bloccare le forniture di petrolio paralizzando l’economia di molti Paesi.
Il problema non può limitarsi ad annientare gruppi di pericolosi fanatici
(talebani, mujaheddin, ecc). La soluzione non è di affidare la propria
sicurezza alla forza delle armi, ma di eliminare le questioni pendenti
attraverso il dialogo. Questa strategia è l’unica valida per raggiungere
finalmente la pace.
Ma vi è altresì un ulteriore elemento per disinnescare le armi dell’odio.
Si tratta di far leva sui musulmani moderati che interpretano il Corano non
come uno strumento per combattere gli infedeli e costringerli alla
conversione. Il Corano ha molte letture, come i testi “sacri” delle varie
religioni. Bisogna laicizzare le folle vittime di ideologie nefaste, di
razzismi spirituali, di istigazioni alla violenza.
Le lunghe guerre di religione che tante rovine causarono all’Europa, la
dittatura fascista, il fanatismo imperialista giapponese, il criminale
regime nazista sono stati altrettanti cancri nella storia dell’umanità.
È difficile liberare le menti dall’ignoranza e dalla credulità, dai dogmi
e dai miti di potenza e trascendenza. Eppure questa è l’unica via per far
prevalere sulle passioni la ragione. Infatti, come il pittore Goya intitolò
una sua opera, “Il sonno della ragione produce mostri”.