INTOLLERANZA RELIGIOSA NEI PAESI ISLAMICI
Editoriale 03/2006
Nel settembre dello scorso anno un
giornale danese aveva pubblicato 12 vignette satiriche sul profeta Maometto. Se
le vignette avessero riguardato Gesù (da molti considerato un profeta
rivoluzionario, anziché figlio di Dio) ci sarebbe stata qualche critica da parte
della stampa cattolica. Viceversa tutto il mondo islamico è insorto con ogni
sorta di reazioni, dalle note diplomatiche di protesta al Governo danese (come
se il Ministro fosse il direttore del giornale) alle violente dimostrazioni
popolari, aizzate dalle moschee, agli assalti alle Ambasciate occidentali, ad
attentati, incendi, distruzioni, saccheggi.
La crociata musulmana – così
antitetica alla libertà di satira su Gesù, la Madonna, i Santi, il Papa, sui
rabbini, sugli ebrei ortodossi, sui pastori evangelici – ci riconduce ai secoli
in cui la religione dominava la società civile, allorché gli eretici, i
dissenzienti, gli oppositori finivano sul rogo o, nella migliore delle ipotesi,
in esilio.
Dunque la società musulmana ovunque
– in Arabia Saudita, Pakistan, Kuwait, Afghanistan, Iran, Palestina, Somalia,
Libia ecc – ha palesato di essere ancora ferma all’epoca di Giordano Bruno nella
sua sottomissione alla teocrazia del Corano e alla Sharjia.
Questa subordinazione assoluta ai
dettami della fede – madre del terrorismo e istigatrice dei “kamikaze” – fa
coincidere lo Stato e la religione, che dovrebbero essere del tutto distinte.
Proprio su tale separazione, sancita dalle Rivoluzioni francese e americana, è
fondata la democrazia, tutelata universalmente dalla Charta dell’ONU e da
Costituzioni e Statuti dei Paesi moderni.
Viceversa il fanatismo musulmano è
talmente rigoroso da punire con la pena di morte chi si converte ad un’altra
religione. Il recentissimo episodio del cittadino afghano, convertitosi al
cristianesimo, processato a Kabul per apostasia e prosciolto per una pretesa
infermità di mente (un compromesso del Tribunale su pressione dell’Italia, della
Germania e di altri Paesi indignati per tale sopraffazione) è un esempio
eloquente dell’intolleranza caratteristica del mondo islamico.
Esso pretende per i suoi fedeli,
immigrati in Europa e in America, il diritto di edificare moschee e luoghi di
culto, nonché l’ora di religione nelle scuole pubbliche statali, ma proibisce
l’analogo diritto di edificare chiese e sinagoghe e di svolgere proselitismo nei
propri territori.
Infine questa insurrezione contro le
vignette satiriche danesi palesa la mancanza di humour nella cultura e nella
politica dei Paesi musulmani. Era già stata dimostrata con la taglia di 2,8
milioni di dollari sulla testa dello scrittore anglo-indiano Salman Rushdie,
autore dei “versetti satanici” ritenuti blasfemi.
L’imam dell’Iran Khomeini aveva
lanciato contro di lui una “fatwa” cioè una condanna a morte, poi
revocata nel 1998 dal governo riformista di Khatami.
A pochi km dalle coste europee, in
Algeria, sta per essere approvata una legge che commina 5 anni di carcere a
chiunque induca un musulmano a convertirsi a un’altra religione e punisce
chiunque eserciti attività religiose non islamiche al di fuori delle aree a ciò
destinate. Eppure l’Algeria non è l’Afghanistan dei talebani. Ha una
Costituzione laica, imposta dal Fronte di Liberazione, che conquistò
l’indipendenza dal colonialismo francese. Purtroppo i governi algerini, per
cercare un “modus vivendi” dopo anni di guerra civile (100 mila morti!), hanno
scarcerato i terroristi del Fronte di Salvezza Islamico, i quali raccolgono il
malcontento popolare e impongono nuovi estremismi, quale appunto la legge
suddetta.
Non si possono
limitare le libertà in Occidente per reagire alla loro negazione in Oriente. Il
Libero Pensiero è la più grande vittoria morale dell’Umanità, è il suo futuro e
dobbiamo sostenerlo sempre e ovunque. |