Libero Pensiero 12/2008
Il Concordato nel pensiero di
Salvemini
Successivamente al saggio intitolato << L’avvenire del Partito cattolico>>
in cui illustrava le contraddizioni in cui si dibatteva e avrebbe continuato
a dibattersi sino ai giorni nostri l’azione politica e sociale
dell’elettorato cattolico, Salvemini pubblicò nel 1922 una serie di articoli
poi raccolti nel volumetto <<Il Partito Popolare e la questione romana>>.
In esso il Vaticano appare il principale regista del movimento cattolico
italiano, con l’obiettivo di una rivincita sull’Italia liberale e di una
restaurazione del potere temporale. Acutamente Salvemini rivela che la
stampa cattolica più conservatrice ha iniziato una campagna sistematica
contro le <<deviazioni popolari del Partito di don Sturzo: non osando
rimproverargli di non essere abbastanza conservatore, gli rinfacciano senza
alcun fondamento, di non essere abbastanza cattolico>>. A rincalzo dei
conservatori cattolici <<operano i conservatori fascisti, nazionalisti,
liberali, agrari... per costoro don Sturzo è diventato una specie di bestia
nera... >>. In mancanza di una intesa fra democristiani e socialisti,
<<chissà che il problema non sia risoluto, alla fine dei fascisti>>.
Salvemini fu profeta. Il timore che egli aveva espresso alla vigilia della
marcia su Roma si rivelò purtroppo fondato. La collusione fra il Vaticano e
il fascismo portò alla Conciliazione fra Stato e Chiesa in un’Italia non più
clerico – liberale, ma clerico – fascista.
La notizia dei Patti lateranensi (febbraio 1929) lo raggiunse nell’esilio di
New York, cui era stato costretto dalla dittatura fascista. I suoi giudizi
sul Concordato sono espressi in una lettera ad un’amica inglese, nella quale
esamina la posizione di don Sturzo, anch’egli fuoriuscito a Londra sin dal
1924, vittima di un ricatto di Mussolini accettato da Pio XI: <<Come prete
cattolico, egli deve considerare il Concordato come buono, se non perfetto.
Deplora soltanto la procedura con cui è stato raggiunto. Avrebbe preferito
che la Chiesa lo avesse ricevuto da un regime democratico, grazie
all’influenza del Partito Popolare. Così il Concordato sarebbe stato più
saldo. Noi, al contrario, consideriamo il Concordato come una cosa assurda e
disgustosa in se stessa e lo rifiutiamo non solo per la procedura, ma anche
per il contenuto... L’accordo fra il Papa e Mussolini dimostra che è
possibile una democrazia cristiana, ma che è impossibile una democrazia
cattolica. La Chiesa cattolica è antidemocratica, come necessaria
conseguenza del fatto che è diretta da un dittatore: il papa>>.
Il Concordato, per l’importanza che assumeva nella storia d’Italia e
nell’appoggio alla dittatura, lo indusse a scrivere un libro sui rapporti
fra lo Stato e la Chiesa dall’Unità in poi. Il libro, che s’intitola <<
Stato e Chiesa in Italia da Pio IX a Pio XI>>, è stato pubblicato nel
terzo volume delle <<Opere complete di Salvemini>> edite da
Feltrinelli.
In quest’opera di ricostruzione storica, l’Autore polemizza contro Mussolini
e Pio XI, il primo per aver inventato una ormai sepolta <<questione romana>>
allo scopo di ottenere dal Papa la sua complicità nel distruggere le libere
istituzioni italiane, il secondo per aver sconfessato il Partito Popolare di
don Sturzo ed aver preteso la più stretta obbedienza, anche sul piano del
potere temporale, dai cattolici italiani.
Celebre è la lettera scritta nell’agosto 1930 da Salvemini all’amico
Ferrari, cattolico: <<E’ solo dopo esser vissuto in Paesi protestanti che io
ho capito pienamente quale disastro morale sia per il nostro Paese non il
cattolicesimo astratto che comprende 5666 forma di possibili
cattolicismi..., ma quella forma di educazione morale, che il clero
cattolico italiano dà al popolo italiano e che i papi vogliono sia sempre
data al popolo italiano. E’ questa esperienza dei Paesi protestanti che ha
fatto di me non un anticlericale, ma un anticattolico; non darei mai il mio
voto a leggi anticlericali (cioè che limitassero i diritti politici del
clero cattolico o vietassero l’apostolato cattolico); ma se avrò un momento
di vita nell’Italia liberata dai Goti, quest’ultimo momento di vita voglio
dedicarlo, come individuo libero, alla lotta contro la fede cattolica. Se
morirò avendo distrutto nel cuore di un solo italiano la fede nella Chiesa
cattolica, se avrò educato un solo italiano a vedere nella Chiesa cattolica
la pervertitrice sistematica della dignità umana, non sarò vissuto
invano!>>.
Tuttavia Salvemini sempre distinse, nelle sue polemiche, fra la Chiesa
gerarchica ed autoritaria, la cui attività politica va combattuta, e la
Chiesa come comunità dei credenti, la cui fede va rispettata. <<Vi sono in
Italia due Chiese – scrive nel suo libro – la Chiesa popolare e nazionale,
che ha sede nelle parrocchie, e il Vaticano, che è un’istituzione
internazionale con sede a Roma>>.
Salvemini continuò la sua denuncia contro la politica dei papi e dei loro
aiutanti. In un’intervista sui Patti del Laterano, Salvemini ne identificò i
movimenti nelle difficoltà finanziarie in cui versava il Vaticano e nelle
concessioni che Mussolini gli offriva sul terreno politico.
L’abrogazione (non la revisione) del Concordato non provocherebbe alcun
turbamento fra i cattolici (della popolazione italiana soltanto un quinto è
formato da cattolici militanti, tre quinti benchè battezzati sono
indifferenti, l’altro quinto è acattolico o anticattolico). <<Più si
analizza il Concordato e più si deve riconoscere che Pio XI e il cardinal
Gasparri erano dotati di ben scarsa intelligenza se credettero di rafforzare
il sentimento religioso con l’aiuto di ridicoli privilegi medievali>>.
Anche contro Pio XII, Salvemini scrisse in numerose occasioni, fra cui nel
1944 il pamphlet: << Il Vaticano ed il fascismo>>. Osservava che
<<Pio XII, come Pio XI, ha condannato i regimi totalitari in quanto
professano su alcuni punti dottrine contrarie alla dottrina cattolica e in
quanto nella loro politica ecclesiastica contravvengono alle leggi della
Chiesa. Ma nè Pio XI, nè Pio XII, nè alcun altro Papa ha mai condannato i
regimi totalitari quando essi si uniformavano nelle dottrine e nelle
pratiche agli insegnamenti della Chiesa. I papi, a pari condizioni, hanno
sempre preferito i regimi totalitari ai regimi democratici solamente quando
e dove non avessero speranza di vederli sostituiti da regimi totalitari a
indirizzo cattolico>>.
Particolarmente interessante per il suo valore d’attualità lo scritto <<La
politica ecclesiastica nell’Italia di domani>> che Salvemini pubblicò
sul periodo antifascista <<Controcorrente>> di Boston nel 1943. Egli
auspicava che l’Assemblea Costituente si dichiarasse pronta a negoziare un
Trattato bilaterale di buon vicinato fra il Vaticano e l’Italia, e
annullasse dalla prima all’ultima parola il Concordato, senza negoziati di
nessun genere, adottando il regime della separazione.
Dopo la fine della guerra, Salvemini nelle sue <<Lettere dall’America>>
a Piero Calamandrei ed Ernesto Rossi palesò i suoi timori per le nubi
clericali che oscuravano l’orizzonte italiano. Oggi il Vaticano pretende
nuovi privilegi oltre quelli che aveva ottenuto da Mussolini. Le pretese
sono accolte per la <<vigliaccheria stomachevole>> di cui danno prova
<<tutti i Partiti di sinistra sul problema delle relazioni fra Stato e
Chiesa>>. Infine l’opportunismo degli stalinisti consente l’inclusione del
Concordato nella Costituzione della Repubblica. <<Uno spettacolo di maggiore
viltà intellettuale e morale non si sarebbe potuto prevedere sotto
Mussolini>> commentò sdegnato Salvemini.
Nel 1952 pubblicò, dopo la cosiddetta operazione Sturzo, un saggio su <<La
prima disfatta della Democrazia Cristiana>>. Infaticabile polemista, col
peso di 79 primavere sulle spalle, Salvemini condusse la sua ultima
battaglia contro quell’<<Italia scombinata>> che, stretta fra la morsa
clericale e quella comunista, non riusciva a trovare la terza via. Il suo
bersaglio preferito fu l’<<Annibale clericale già dentro la fortezza>>,
mentre l’<<Annibale comunista non è ancora alle porte>>. Scrisse centinaia
di articoli, lettere, commenti a episodi d’ogni giorno, taluni raccolti nel
libro <<Clericali e laici>> a difesa della libertà religiosa e delle
minoranze protestanti italiane perseguitate.
In una lettera pochi mesi prima della morte al 6° Convegno degli Amici de
“Il Mondo” tenutosi a Roma nel 1957 sul problema delle relazioni fra Stato e
Chiesa (convegno conclusosi con una mozione diretta all’abrogazione del
Concordato e all’instaurazione di un ordinamento giuridico di netta
separazione dello Stato dalla Chiesa) –, Salvemini scrisse: <<Per l’abuso
che si sta facendo del Concordato, questo deve essere oggi o domani o fra 50
anni abolito senza negoziati e senza compromessi, come furono aboliti
durante il Risorgimento tutti i Concordati di tutti i vecchi Stati
italiani>>.
Bruno Segre.