Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno"

Requires Acrobat Reader.

ARTICOLI

Libero Pensiero 12/2008

 

Paracelso, filosofo e mago

            Il 1492 fu un’annata eccezionale, in Spagna: nel marzo la cacciata degli Ebrei Sefarditi, che provocò tanto dolore, ma arricchì della sapienza ebraica le terre d’approdo. Nella seconda metà, la scoperta del Nuovo Mondo, la nascita di Teofrasto  ed Ignigo. Basco il secondo, svizzero il primo.

            Diventeranno famosi, come Teofrastus Aureolus Filippus Bombastus von Hohenheim, l’uno, e come Ignigo Lopez de Loyola, l’altro. Oggi vengono ricordati come Sant’Ignazio, fondatore dei Gesuiti, e Paracelso, medico alchimista. Il nome Teofrasto è impegnativo (= colui che può esser detto divino), con il seguito di Auureolo e di Filippo. Bombast è la variazione del cognome di un’antica famiglia tedesca del Wurttemberg, vicino a Stoccarda, dove le vestigia delle torri di un castello ricordano gli antenati cavalieri e crociati. Ma Teofrasto, che sarà amico dei medici arabi, modifica il nome di famiglia. Suo padre, invece, ne va fiero: lui è il dottor Wilhelm Baumbast von Hohenheim, figlio naturale del Gran Maestro dell’Ordine Teutonico, il prestigioso ordine cavalleresco, simile a quello dei Templari, riservato alla nobiltà tedesca. Anche il cognome del suo casato non è male, perchè Hohenheim significa “dimora in alto”.

            Wilhelm lavora per l’Ospedale dei Pellegrini, annesso al Santuario della Madonna di Einsiedeln, vicino a Zurigo. A trent’anni sposa la giovanissima direttrice, fraulein Ochner, nel 1491. L’anno seguente lei muore, durante il parto di Teofrast. Il bambino viene allevato dal padre, che lo conduce nelle lunghe passeggiate montane, alla ricerca di erbe officinali per la farmacia. Gioca nella tenuta del più grande monastero benedettino del mondo e prende confidenza con il canto gregoriano e la Regola di San Benedetto. A cinque anni un verro innervosito lo morde, distruggendogli i testicoli. Per tutta la vita, Teofrasto rimarrà condizionato.

            Nel 1502, padre e figlio si trasferiscono a Villach (Carinzia) dove il padre ha ottenuto il posto di insegnante di chimica (allora si chiamava alchìmia), mentre Teofrasto va dai Benedettini del Lavanthal, dove conosce due vescovi di grande cultura, studiosi dell’arte mineraria. Nel 1510, a diciott’anni, Teofrast lascia il padre e il paese per gli studi universitari a Basilea. Da adesso, dietro suggerimento paterno, si chiamerà Paracelsus (dal gr. para = verso, e dal lat. Celsus = elevato). Il giovane è avido di sapere, ma i professori non lo soddisfano. Resiste tre anni, poi abbandona gli studi regolari e si aggrega a Johan Trithemius, alchimista e mago. Il vero nome è Johannes Heidenberg, nato vicino a Treviri, nel paesino di Tritenheim, donde il soprannome che, latinizzato, diventa Trithemius.

            Nel 1513 Paracelso lascia gli studi regolari e diventa allievo dell’abate, impara a leggere la Torah esoterica, scritta fra le righe, per mezzo della Qabbalah. Studia il Sefer Yezirah (libro della formazione del mondo) e lo Zohar (splendore). Si avvale dei contributi cabalistici degli studiosi più insigni, non soltanto quelli ebrei quale Maimonide, ma anche cristiani, come Pico della Mirandola, Giovanni Reuchlin e lo stesso Tritemio.

            Il suo primo ciclo di vita errabonda durerà dieci anni. Basilea è il punto di partenza nel 1515 e Basilea il punto di arrivo nel 1526. Dove se ne va, nel frattempo? Dapprima in Tirolo, presso Innsbruck, ospite dell’amico Simone Fugger, proprietario delle miniere. Insieme si occupano di metallurgia, ma Paracelso applica le conoscenze sia per la fabbricazione di farmaci (oggi si direbbero metallorganici) sia per la realizzazione di talismani.  E’ uno dei fondatori della chimica organica. In parallelo, approfondisce l’alchimia, alla ricerca della pietra filosofale, per convertire tutti i metalli in oro.

            L’Arte dei Metalli e l’Alchimia, fanno di Paracelso anche il padre della  moderna farmacologia, ma le due scienze moderne sono un cascame della sua vera ricerca: lo sviluppo della consapevolezza.  Julius Evola parla in proposito di “un simbolismo metallurgico per le cose dello spirito”, e Carl Gustav Jung considererà l’Arte Alchemica una via “per la coscienza portata al massimo grado di perfezione”.

            Viaggia alla ricerca di uomini dotti da cui “suggere il latte del sapere”. Attinge dunque al capezzolo dell’Alma Mater, l’ Università. Studia a Bologna, Ferrara, Salerno, Granada, Lisbona, Montpellier, Oxford. A Bologna, impara la chirurgia da Jacopo Barigazzi, detto Berengario da Carpi. Gli tornerà utile quando, qualche anno più tardi, al servizio dell’Olanda, sarà chirurgo militare. Poi presterà servizio per Cristiano II di Danimarca, che occupa Stoccolma. In questa nuova veste di barbiere flebotomo (chirurgo)  non occorre la laurea.

            Appena “succhiato il midollo del sapere”, va alla ricerca di nuovi maestri, e li trova in Austria, Germania, Francia, Inghilterra, Italia, Spagna, Olanda, Danimarca, Svezia, Polonia, Moravia, Boemia, Lituania, Transilvania, Valacchia, Dalmazia, Venezia, Rodi, Costantinopoli, Mosca. Morde e fugge, persino a Pavia, Modena, Padova. Ma come fa a mantenersi?

            Paracelso esercita abusivamente l’arte medica, non essendo iscritto alla Corporazione dei Dottori, né vi si  può iscrivere in quanto non ha la laurea. Ecco perché deve adattarsi alla povertà, e nell’autobiografia dice: “… e così dagli uomini non ebbi che disprezzo e poca stima”.

Però, mentre ricerca, inventa l’anestesia. E’ sua la scoperta del gas esilarante, il protossido di azoto, che sarà adottato ufficialmente in odontoiatria… tre secoli dopo! Sua è l’invenzione della magica polvere antiacida, la calcarea carbonica, oggi detta… bicarbonato di sodio! E sono centinaia le sue scoperte, molte delle quali andate perdute.

            Nel 1521, chirurgo militare, per la Serenissima, e nel 1525, dopo la battaglia di Pavia, ottiene il congedo. Poi torna nella casa paterna, a Villach, con il suo spadone militare, da cui non si separerà più. Mostrerà a suo padre il portentoso rimedio, portato nel pomolo dell’elsa della spada, che lui ha perfezionato ispirandosi al grande medico arabo Razi.  Si tratta di un efficace antidolorifico, usato spesso sui soldati feriti. E’ anche un meraviglioso sedativo e tranquillante, se  preso nella giusta dose. Il suo nome è làudano, è un potente oppiaceo.

            Il padre si è ormai rassegnato all’idea che il suo unico figlio non voglia laurearsi. Il vecchio dottore impara tantissimo da Teofrast, e la sua piccola farmacia officinale cresce a dismisura.. Scopre farmaci nuovi a base di calcio, magnesio, zinco, zolfo, bismuto, antimonio. Apprende le tecniche dei sali mercuriali, adatti alle malattie veneree. Scopre che quello della Pietra dei Filosofi è più di un mito. 

            Paracelso insegna a suo padre che l’oro si può sciogliere  in una miscela di acidi, detta acqua regia, donde l’ oro potabile, o “lapis philosophorum reductus ad aquam mercurialem”, capace di curare tutti i mali, rinvigorire il paziente, renderlo immortale. E assieme a tutte le metodiche alchemiche, gli insegna la magia (“la virtù di erbe, alberi o piante non è nella sostanza visibile”). Anticipa di quattro secoli la Medicina Antroposofica di Steiner.

            Tuttavia, dichiara a suo padre che soltanto la Sacra Scrittura può mettere il medico al riparo.  Da che cosa? Forse dalle pericolose attenzioni della “Santa” Inquisizione. Dopo un anno Teofrasto vuole tornare all’ agone mondano. Nel 1526, è a Strasburgo. Per ottenere il diritto di cittadinanza si deve iscrivere ad una corporazione, ma la Gilda dei Medici pretende il diploma di laurea. Allora si iscrive nella Corporazione dei Mugnai e dei Mercanti di grano, ed ha i documenti in regola per restare in città, ove riprende la sua amata professione medica, incontrando l’opposizione dell’Ordine. Pertanto Paracelso si trasferisce a Tubinga, quindi a Friburgo, dove terrà in cura  Filippo, Margravio del Baden, ritenuto inguaribile dai medici. Paracelso riesce a guarirlo, suscitando gelosie ed invidie

            Paracelso torna ancora una volta a Basilea, con l’inseparabile spadone, ricco soltanto della sua sapienza. Nella città viveva il filosofo Erasmo da Rotterdam, amico fraterno e ospite del più famoso stampatore (oggi diremmo editore) d’ Europa: Frobenius di Basilea. Costui soffriva per una frattura ad un piede, dichiarata inguaribile e con prognosi infausta. Erasmo si ricorda di Paracelso, perché era stato suo allievo a Oxford e lo manda a chiamare. Accade il miracolo: Paracelso guarisce il ricco Froben, con cure pericolose ed energiche, e la sua fama si accresce.

            Grazie ad Erasmus e Froben, si ritrova Medico Municipale, incarico che accorpa la cattedra di Medicina Fisica all’Università di Basilea, nonché il controllo degli speziali (farmacisti) della città.

Competente nella farmacopea del tempo, Paracelso indaga sulla composizione dei farmaci, quasi sempre approssimativa se non fasulla. Commina multe salate e poi indaga sui prezzi dei farmaci, da lui ritenuti eccessivi e non giustificati. Le indagini vengono estese ai rapporti tra farmacisti e medici compiacenti. Scopre un verminaio, suscitando odio e nemici implacabili.

            Le potenti corporazioni di medici e speziali cominciano ad indagare su di lui. Scoprono che tiene le lezioni senza la toga e senza adoperare il latino, ma in lingua volgare (il tedesco). Poi scoprono che si incontra con i suoi studenti a bere birra nelle osterie, che accetta di essere interrotto durante la lezione e infine che propaganda nuove medicine di sua invenzione, assieme ad astrologia e magia, senza averle sottoposte alla apposita Commissione Sanitaria.

            Nel giugno 1527, in piazza dell’Università si accendono i fuochi di San Giovanni d’Estate. Lui si avvicina ad un falò e vi getta i libri di Galeno ed Avicenna. E’ lo scandalo! Convincono un suo allievo, a firmare una lettera di accuse, addebitandogli “crapule ed ebbrezze”.  Nei mesi seguenti la tensione aumenta e lui perde l’appoggio degli amici: Froben muore ed Erasmo si trasferisce. Nessuno dei pazienti lo paga, tanto che nel febbraio 1528 si rivolge alla Magistratura. Al complotto persino i giudici non sono estranei. Paracelso fugge, evitando la cattura. Grazie al suo segretario-allievo, Giovanni Nerbst, detto Oporinus, riesce a riavere i suoi attrezzi di laboratorio e gli stumenti della medicina.

            Ricomincia ad esercitare abusivamente la professione, ed è la solita storia di fughe: Alsazia, Einsicheim, Ruffach, Colmar. Nel 1529 lavora nella terra dei suoi avi, il Wurttemberg, ad Eschlingen. E quando Oporino lo lascia, lui smette di esercitare la professione medica e si dedica soltanto  alla Magia ed alla Qabbalah.

            Gli abitanti del paesello si preoccupano: lo stregone lavora tutta la notte! C’è la paura del diavolo, delle maledizioni, della stregoneria, dei roghi. E lui è pronto ad andarsene altrove, a Sankt Gallen, nel Cantone di Appenzell,  nel castello di un amico, poi a Norimberga, dove vuol pubblicare un libro sulla sifilide. Il Collegio dei Medici glielo impedirà. Gira per molti paesi e scrive senza sosta.

            Nel 1531 prova un grande dolore per la morte di Ulrich Zwingli, ma non smette la  produzione, che alla sua morte comprenderà complessivamente 364 lavori. La sua opera migliore è: il  Paramirum, dove contesta quel “contraria contrariis” di Galeno (138-201 d.C.), mentre propone il “similia similibus”, che Hahnemhan scoprirà tre secoli dopo.  La sua magia ripropone temi e metodiche della Medicina Tradizionale Cinese, in particolar modo l’erboristica.

            Tre anni, un periodo eterno per un eterno insoddisfatto come lui. Tanti ne trascorre fra i montanari dell’ Appenzell, visitati senza compenso. E’ molto deluso dalla incertezza della Medicina: “Si dona la salute ad uno, e se ne rovinano dieci”, scrive nelle sue note, e:  “Si indaga dal principio del mondo sino ad oggi, senza aver approdato ad un solo risultato sicuro”.

            In questo periodo, trova conforto nel Vangelo. E’ cristiano? Cattolico o riformato? Segue il Papa o Zwingli? Lui è tutte queste cose e nessuna. Scrive contro preti e pastori, contro il Papa e contro Lutero.

            Nel 1534, Paracelso è ad Innsbruck, donde viene  cacciato in malo modo.  E’ un medico vestito male, gli abiti logori e bisunti, stazzonati. Proprio in quest’anno gli muore il padre. Attraversa il Brennero, passando per Vipiteno, dove si ferma a curare gli appestati e a scrivere un trattato sul morbo nero. Va a Merano, poi nel Tirolo e nell’ Engandina . A Saint Moritz si ferma a esaminare le acque minerali, a studiare il gozzo dei montanari, a scrivere un trattato sulle acque.

            Non può partecipare ai funerali paterni, e solo dopo tre anni farà ritorno a Villach, nel 1537. Vi rimarrà tutto l’anno, per le pratiche della successione. Durante quest’anno, prosegue il lavoro di suo padre: medico ed ingegnere minerario. Continua le ricerche mediche. Riparte. va a Lubiana, poi a Muenchen, a Gratz e a Vienna.

            Nel 1541, a maggio, è a Salisburgo. L’Arcivescovo Principe Ernesto, duca di Baviera, lo riceve e ne diventa il garante. Le sue ultime ricerche riguardano antimonio, oppio e belladonna. Al contempo, sviluppa le meditazioni sulla Trinità, pubblicate postume. E’ ancora giovane, ma sembra un vecchio. La sua fibra è ormai logora e resisterà appena quattro mesi.

            Gli ultimi giorni di Paracelso nascondono un piccolo mistero. Si trasferisce alla locanda del Cavallo Bianco e il 21 settembre chiama il notaio Kalbsohr per il testamento. Il 24 settembre muore a 49 anni. Secondo le sue volontà, è tumulato nella chiesa di San Sebastiano, con funerali solenni officiati dall’amico Arcivescovo Principe Ernesto. Il Vescovo di Colonia incaricherà Giovanni Hauser di curare l’opera omnia di Paracelso, giunta sino a noi in 25 volumi di lingua  tedesca, e  mai pubblicata in Italia.

            Difficile un bilancio dell’opera di Paracelso. Da giovane fu speziale, medico e chimico, poi divenne chirurgo. Nella maturità fu mago. Prima di morire mistico. Ma la magia di Paracelso è alta magia, potere della psiche sulle malattie dell’anima e del corpo. Gli spiriti Elementali, i principii dei quattro elementi greci Acqua, Aria, Fuoco, Terra non sono le creature mitologiche che appaiono. Ninfe, silfidi, gnomi e salamandre sono spiegati come sentimenti, intuizioni, sensazioni e pensieri. Se ne accorgerà Carl Gustav Jung, quattro secoli dopo. Paracelso formula inconsciamente la teoria tipologica junghiana, base del test di conoscenza temperamentale di Myers-Briggs. E quando parla della forte “vis vitalis”, che genera la tensione terribile fra i due principi antitetici di iliastro e cagastro, anticipa di circa quattrocento anni l’Eros e Thanathos di Sigmund Freud, il Maestro di Jung. Evocazioni dello Yang e dello Yin cinesi.

            Ai quattro elementi sono associati i colori, che riprendono fenomeni della Natura, adoperabili per la guarigione. Più che magia naturale, pare un’anticipazione della medicina psicosomatica. Agli elementi aggiunge tre sostanze che sono possibilità della materia: la combustione (zolfo), la solubilità (sale), la plasticità (mercurio). Qualcuno ha visto, nell’elemento e nella sostanza, una premonizione della filosofia di Kant, ossia fenomeno e noumeno.

            Quando scrive:“La costellazione influenza l’indifferenziata materia prima, il complesso di queste impronte astrali deciderà il destino della creatura” annuncia termini futuri della endocrinologia (“costellazione” ghiandolare) e della psicoanalisi (“complesso” di rimozioni inconsce). La costellazione agisce sulla natura animale dell’uomo, la forza psichica sulla spirituale. Il destino si può correggere, dunque, ma alla fine l’uomo rimane pur sempre  un “prigioniero nelle mani di Dio”. Come per dire ai suoi epigoni della nostra epoca: “La psicoanalisi può fare molto, ma alla fin fine è il Sé che decide tutto, anche ciò che credi di decidere tu”.

            Come si può inquadrare culturalmente Paracelso? E’ un mago medioevale o uno scienziato moderno? Gli studiosi non sono concordi. Alcuni vedono in lui un vecchio rudere dello stile ogivale, molto demodée, legato al pensiero magico di Marsilio Ficino e alle superstizioni dell’Evo Oscuro. Altri lo considerano il prototipo dell’uomo rinascimentale, come Leonardo. Altri ancora, un precursore di Galileo e Newton, di Kant, Freud e Jung.

            Chi è stato veramente Paracelso? Ha scoperto medicamenti straordinari, usati ancora oggi, e ha provocato sia ammirazione entusiastica che denigrazione invidiosa. Lascia il suo immenso patrimonio di sapienza a tutta l’umanità, e il suo poco denaro ad altri poveri. A chi sopravvive a stento, terribilmente solo ed incompreso come lui.

Agostino Turturro

ASSOCIAZIONE NAZIONALE DEL LIBERO PENSIERO "GIORDANO BRUNO" 

Fondata nel 1906

Aderente all' Union Mondiale des Libres Penseurs - International Humanist and Ethical Union

Presidenza nazionale:

prof.ssa Maria Mantello,


Roma

telefax: 067001785,


e.mail

Presidenza sezione di Roma - Coordinamento Web

prof. Maria Mantello


Roma


e.mail

Presidenza Onoraria e Sezione di Torino:

avv. Bruno Segre


Torino


e.mail , e.mail2


Direttore Responsabile: Maria Mantello Webmaster: Carlo Anibaldi 

: