Libero Pensiero 12/2008
Convenzione ONU per i diritti dei
disabili
Ma il
Vaticano non la firma
L’Assemblea Generale dell’ONU aveva approvato nel marzo scorso la
Convenzione sui diritti dei disabili, elaborata nel corso di cinque
anni. Tale documento rappresenta un passo importante sulla via delle pari
opportunità per i 650 milioni di disabili nel mondo (circa il 10% della
popolazione mondiale), cui viene quindi riconosciuto l’esercizio del voto e
tutte le altre forme di partecipazione alla vita pubblica.
Il testo prevede la sicurezza personale ed esistenziale mediante l’accesso
dei disabili in situazioni di povertà al sostegno da parte dello Stato sul
piano economico, psicologico e sanitario. Nei Paesi in via di sviluppo la
disabilità è fortemente collegata alla povertà ed è spesso sinonimo di
esclusione dell’istruzione e dell’assistenza sanitaria.
La S. Sede ha rifiutato di aderire a tale Convenzione perchè essa non
contiene il divieto esplicito di interrompere volontariamente la gravidanza.
Il Vaticano contesta gli articoli 23 e 25 della Convenzione, che riguardano
i diritti alla pianificazione familiare, all’educazione riproduttiva,
all’accesso ai servizi sanitari “inclusi quelli nell’area della saluta
sessuale e riproduttiva” (servizi che in molti Paesi comprendono l’aborto).
Il rifiuto di ratificare la Convenzione è legato ad una concezione
reazionaria della vita umana. Infatti una malattia, evidente nella
radiografia, del feto giustifica l’interruzione della gravidanza per evitare
la nascita di un infelice e una disgrazia per la famiglia e la società.
Negare questo diritto all’aborto significa una scelta oscurantistica e una
confusione tra il feto che non è ancora una persona, e il neonato, che è
invece un soggetto di diritto.
Onu: depenalizzazione
universale dell’omosessualità
il Vaticano si oppone
La S. Sede ha bocciato la proposta dell’Unione Europea all’ONU – firmata
dall’Italia e da altri 26 Paesi europei – per la depenalizzazione universale
dell’omosessualità. Tale progetto è nato su iniziativa della Francia per
porre fine alla discriminazione nei confronti dei “gay”.
Infatti in 80 Paesi del mondo i rapporti intimi fra persone dello stesso
sesso sono illegali e in una decina di Stati musulmani (Arabia Saudita,
Emirati Arabi Uniti, Mauritania, Cecenia, Yemen, Nigeria) sono puniti con la
pena di morte. Nell’Iran per i maschi è prevista la pena capitale, per i
minorenni 74 frustate, per le femmine 100 frustate.
Dietro il no del Vaticano c’è il timore che la depenalizzazione
dell’omosessualità, sancita dall’ONU, possa minare il matrimonio
tradizionale. Il rifiuto del Vaticano è legato ad una tradizione propria
delle religioni monoteiste di condanna del libero amore, e di sacralità di
unioni legalizzate da riti e cerimonie. Di qui l’opposizione alle unioni di
fatto, alle convivenze extraconiugali, all’uso dei contraccettivi
privilegiando la castità. Si tratta di una forma d’intolleranza e di
discriminazione, che dimentica l’omosessualità e la pedofilia praticata da
molti sacerdoti.
La sfida del Vaticano ha
suscitato le immediate reazioni delle Associazioni di omosessuali ed altresì
degli ambienti democratici, favorevoli alla libertà di orientamento
sessuale. Opponendosi alla depenalizzazione dell’omosessualità (che non è un
reato), il Vaticano tenta di imporre il suo rifiuto agli Stati membri
dell’ONU, rendendosi, in un certo senso, complice dei Paesi arabi fedeli
alla “Sharia”.