Libero Pensiero 12/2006
LE LEGGI SUGLI ORATORI
La “legge sugli oratori” (L. 203/2003 “Disposizioni per il riconoscimento
della funzione sociale svolta dagli oratori e dagli enti che svolgono
attività similari e per la valorizzazione del loro ruolo”) venne
presentata alla Camera dei Deputati nel 2001 da Luca Volonté, Rocco
Buttiglione ed altri parlamentari dell’UDC. La legge ricevette un consenso
da parte di tutte le forze politiche parlamentari, ad esclusione di S.D.I.,
Comunisti italiani, Rifondazione Comunista e Verdi.
La proposta di legge iniziale prevedeva agevolazioni normative, finanziarie
e fiscali per i soli oratori cattolici. In sede di Commissione fu la stessa
CEI (Conferenza Episcopale Italiana) a chiedere di estendere tali benefici
anche alle altre confessioni religiose aventi con lo Stato un’Intesa.
La legge fu costruita sul modello di alcune leggi regionali di Giunte di
centro-destra (Lazio, Lombardia, Abruzzo, Piemonte e Calabria). Sancisce il
riconoscimento e l’incentivazione da parte dello Stato della funzione
educativa e sociale svolta nelle comunità locali grazie alle attività di
oratorio o similari, dalle parrocchie e dagli enti ecclesiastici delle
Chiese (non solo quella cattolica) con le quali lo Stato ha stipulato
Intese.
Le disposizioni attraverso le quali si concretizza il riconoscimento
previsto dalla legge riguardano in sostanza gli immobili e le attrezzature
fisse, attraverso le quali si realizza l’attività di oratorio. Si
considerano esenti dalla tassa comunale gli immobili, al pari dell’edificio
di culto e si prevede che lo Stato e tutti gli enti locali possano concedere
agli oratori attrezzature e immobili in uso gratuito. Ulteriori e più
specifiche agevolazioni o finanziamenti da prevedere ai fini del
riconoscimento delle attività dell’oratorio sono rimandati dal legislatore
alle Regioni, che ne sono titolari secondo la recente riforma della
Costituzione.
Vera novità della legge consiste, in sostanza, nell’utilità sociale
riconosciute alle attività di oratorio senza doverle “travestire” o
trasformare in altre specifiche funzioni sociali. La proposta di legge
specificava trattarsi di un provvedimento che si inseriva nel contesto
attuativo della Legge 329 dell’8/11/2000 relativo al riordino della materia
dei servizi sociali. Tale legge prevede (all’art. 1, comma 4), che “lo
Stato, le Regioni e gli Enti Locali riconoscano e agevolino degli organismi
non lucrativi di utilità sociale, gli organismi della cooperazione, delle
associazioni e degli enti di promozione sociale, delle fondazioni e degli
enti di patronato, delle organizzazioni di volontariato e degli enti
riconosciuti delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato
patti, accordi o intese operanti nel settore della programmazione e nella
gestione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”. Dunque
gli oratori erano già previsti, al pari di altri enti, nella nuova legge sui
servizi sociali.
Ma, come dichiara don Mauro Rivella della CEI, “… è così evidenziato
l’innegabile contributo arrecato dalla rete capillare degli oratori alla
prevenzione del disagio minorile e alla promozione dei valori della
solidarietà sociale, senza misconoscerne la peculiarità che deriva dalla
loro genetica connotazione confessionale”. In base a tali
considerazioni, una legge specifica per gli oratori era da ritenersi
superflua o, peggio, discriminatoria nei confronti degli enti non religiosi.
La legge n. 206/03 affida alle Regioni il compito di dare maggiore
concretezza alle indicazioni nazionali: hanno già preso il via la LOMBARDIA,
LAZIO, CALABRIA, ABRUZZO, PIEMONTE, MOLISE, FRIULI VENEZIA GIULIA, PUGLIA,
LIGURIA, UMBRIA e CAMPANIA.
La Legge Regionale Piemontese n. 26 del 11/11/2002
Il 31 ottobre 2002, il Consiglio Regionale del Piemonte approvò una legge
regionale sul “Riconoscimento e valorizzazione della funzione educativa,
formativa, aggregatrice e sociale svolta dalle Parrocchie, dagli istituti
cattolici e dagli altri enti di culto riconosciuti dallo Stato attraverso le
attività di oratorio”. La proposta di legge iniziale, presentata dai
consiglieri del CDU Deorsola e Costa e sottoscritta, fra gli altri, anche
dai consiglieri Angeleri, Botta, Cattaneo e Brigandì, prevedeva il
finanziamento dei soli oratori parrocchiali cattolici e gli emendamenti
presentati dai vari gruppi della sinistra in Commissione avevano fatto sì
che i benefici della legge venissero estesi anche a strutture analoghe degli
altri enti di culto riconosciuti dallo Stato, richiesta avanzata dalla
stessa CEI.
La proposta di legge venne approvata dalla maggioranza di centrodestra del
Presidente Ghigo, a cui si aggiunsero i voti della Margherita e dei DS,
mentre si espressero con voto contrario SDI, Radicali, Comunisti Italiani,
Verdi e Rifondazione Comunista. La legge riconosce la funzione educativa
della parrocchia, ne favorisce la partecipazione agli organismi regionali e
ne promuove l’azione per la diffusione dello sport, la promozione di
attività culturali nel tempo libero, per prevenire e contrastare
l’emarginazione sociale, il disagio anche a causa di handicap e la devianza
in ambito minorile.
“Investiremo un milione di Euro ogni anno”, aveva assicurato la Giunta
regionale di centrodestra piemontese al momento dell’approvazione della
legge a favore delle attività degli Oratori e la “promessa” è stata
mantenuta. I numeri parlano, inoltre, di un interesse crescente da parte
degli Enti beneficiari e soprattutto degli oratori cattolici, che
catalizzano la stragrande maggioranza dei contributi. I progetti presentati
al bando 2004 hanno superato quelli dell’anno precedente: da 259 si è
passati a 323 iniziative candidate a contributo; nel 2005 il numero delle
domande è ulteriormente cresciuto. Il meccanismo di finanziamento è
semplice: l’Amministrazione regionale eroga i contributi ai diversi enti
accreditati e poi sono questi ultimi, al proprio interno, a suddividere la
somma tra le strutture che hanno predisposto un progetto. Tra i principali
interventi la formazione degli educatori o l’estate ragazzi, ma ci
sono anche iniziative di integrazione multietnica, di musica, teatro, sport,
lotta all’emarginazione.
Agli oratori sono riconducibili nelle sue diverse forme la legislazione in
materia di promozione sociale (Legge 383/2000, L.R. Piemonte 7/2006),
sportiva (LR 93/95), culturale (LR 58/07), giovanile (L.R. 16/96). Spesso le
Amministrazioni locali intervengono in un rapporto privilegiato con
contributi, finanziamenti, ecc.
Le leggi sugli oratori rappresentano un atto molto grave dal punto di vista
dei principi, attraverso il quale il Parlamento mostrò di calpestare l’idea
di uno Stato laico, delle istituzioni e dei diritti di tutti i cittadini,
riconoscendo e garantendo maggiori diritti a cittadini ed enti che hanno
optato per determinate scelte etiche, politiche o religiose rispetto ad
altre. Nemmeno la Democrazia Cristiana in 40 anni aveva mai pensato a
provvedimenti di questo tipo. La maggioranza, su richiesta della Chiesa
cattolica, non soltanto ha proposto una scuola confessionale, ma ha inteso
“confessionalizzare” anche il tempo libero dei ragazzi. Tutto ciò
avrebbe dovuto spingere la Sinistra a reagire in difesa della concezione
laica dello Stato, garanzia di democrazia e di pluralismo, che consente ad
una Repubblica di essere il luogo di equa convivenza delle diversità che
formano uno Stato moderno: così purtroppo non fu. DS, Margherita ed UDEUR
votarono a favore, assieme al Centrodestra.
Ezio Dema