Libero Pensiero 12/2006
LAICITA’ DELLA CHIESA
Le parole esprimono concetti. L’uso appropriato dei termini è allora
fondamentale onde evitare equivoci e mistificazioni. Per non svuotare i
concetti. Per non ribaltarne il significato. Per non addomesticarlo ai
propri fini ideologici. Una soglia di attenzione che però sembra venga meno
quando si tratta della parola laicità. Così accade che le più alte gerarchie
ecclesiastiche tentano di inglobare la laicità nel proprio disegno
confessionale svuotandone il valore più alto: libertà di sperimentarsi e di
progettarsi al di fuori di appartenenze dogmatiche poste ed imposte.
Per vincolare a tali appartenenze la Chiesa ripropone l’antico nesso causale
tra idee supposte: dio e anima. L’individuo sarebbe creato da dio, che
avrebbe impresso in lui un’anima, quindi la sua struttura (essenza) sarebbe
quella di tendere alla divinità. Insomma sarebbe libero nella fede. Peccato
che dio ed anima siano solo supposizioni. Il porre un’idea non ne implica
necessariamente l’esistenza. Ma la teologia ha innalzato le sue idee a
Verità assolute e le ha blindate all’interno del suo apparato dottrinario.
Allora se la Verità è unica ed eterna anche la Chiesa che la interpreta
diviene il referente assoluto e totale. E in questa prospettiva pretende di
dare al mondo intero il proprio valore di senso. Ecco allora che, poiché
ognuno si muoverebbe all’interno della catena delle supposte verità
ecclesiastiche, paradossalmente anche la laicità verrebbe ricondotta
all’ovile dell’accettazione della divinità. Anzi diverrebbe “sana laicità”.
Così ogni percorso di sperimentazione individuale per conoscere ed agire
viene incanalato nell’accettazione dell’identità tra individuo e credente.
Una strada che porta al ritorno dello Stato teocratico. Contro tutto questo
noi preferiamo il coraggio di Icaro, perché, come scriveva Giordano Bruno
nel De Immenso, se le ali sono quelle della ragione e della scienza,
non è detto che siano di cera.
M.M.