Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno"

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Libero Pensiero 12/2006

 

FINANZIAMENTI PUBBLICI ALLA CHIESA CATTOLICA

La laicità delle istituzioni pubbliche, cioè la loro neutralità religiosa, è il grande tema della società multiculturale. Culturalmente, oltrechè storicamente, l’Italia è costretta ad affrontare la questione molto più a fondo di altre realtà d’oltreconfine, vista la naturale correlazione di affari extrareligiosi intercorrenti da sempre con lo Stato Vaticano. E’ limitativo porre la questione dello Stato laico come diatriba tra Repubblica Italiana e Chiesa Cattolica, stante il concetto inderogabile che per “laicità dello Stato” dobbiamo intendere la salvaguardia delle regole di vivere civile indipendentemente dalle fedi religiose o pseudo tali. Tuttavia le maggiori resistenze, i maggiori ostacoli e le più forti “reprimende” a processi di modernizzazione ed anche di ripristino della cultura laica giungono da oltretevere e su ciò ci soffermeremo nell’analisi dei finanziamenti pubblici alla Chiesa cattolica. I retaggi storico-culturali costituiscono di fatto la principale “ratio” dei comportamenti dei legislatori e degli amministratori locali su tale materia.

Il concetto di finanziamento va inteso sia nella sua accezione “diretta” di erogazione, sia nella sua accezione “indiretta” di privilegio o beneficio ricevuto. Soprattutto in questa seconda accezione, lo Stato italiano riserva alla Chiesa cattolica particolari attenzioni, continue negli anni. La trattazione della materia è di enorme portata e qui si affrontano solo alcune, principali, forme di finanziamento nei suoi aspetti generali. Il finanziamento diretto più conosciuto è certamente l’otto per mille. Al momento della dichiarazione dei redditi il contribuente è chiamato ad esprimere la sua scelta circa la ripartizione dell’8 per mille dell’IRPEF - ora chiamata IRE - fra i seguenti soggetti: Stato, Chiesa cattolica, Unione Chiese cristiane avventiste del 7° giorno, Assemblee di Dio in Italia, Unione delle Chiese Metodiste e Valdesi, Chiesa Evangelica Luterana in Italia, Unione Comunità Ebraiche Italiane. I cittadini che non esprimono la loro scelta, vedono suddiviso il loro 8 per mille fra le 7 destinazioni. La ripartizione di questo ammontare avviene in proporzione alle scelte espresse, la quota relativa alle scelte non espresse viene ripartita secondo la medesima proporzione risultante dalle scelte espresse. Le quote non attribuite spettanti alle Assemblee di Dio in Italia e all’Unione delle Chiese Metodiste e Valdesi sono lasciate allo Stato.

Sul riparto dell’otto per mille anche di chi “ha scelto di non destinare”, il dibattito è acceso da tempo. E’ molto alto il disagio tra i contribuenti, che non conoscono la norma e quando ne vengono informati protestano la loro insoddisfazione per tale meccanismo improprio di finanziamento. L’entità delle cifre è ingentissima. I dati percentuali riferiti al 2003 indicano la seguente ripartizione: 87,17 per cento alla Chiesa cattolica, 10,35 per cento allo Stato e il restante alle altre confessioni religiose. Il dato più aggiornato in valori assoluti riguardante la dichiarazione dei redditi del 2005 parla di 981 milioni di euro destinati alla Chiesa cattolica. Di queste somme circa il 20% è destinato a scopi caritativi, quello che dovrebbe essere lo scopo “principale” per il quale è stato concesso il finanziamento è nei fatti una minima parte. Le altre somme vengono disperse in elargizioni disparate, comunque già ingenti e capaci di risanare i conti di molteplici organizzazioni laiche che invece non ne beneficiano. Qualche esempio: 300 mila euro alla venerabile confraternita di S. Maria Purità di Gallipoli, 420 mila euro all’Opera di preservazione della Fede di Ventimiglia, 370 mila euro alla Pontificia università Gregoriana di Roma. Tre esempi tra le miriadi che però, già da soli, coprono quasi integralmente lo stanziamento destinato alle attività culturali minori sul territorio di una Regione.

Al di là della destinazione dei finanziamenti occorre analizzare lo sperpero per giungere al finanziamento, cioè le metodologie di comunicazione finalizzate alla raccolta che determinano una dispersione di denaro ricevuto da finanziamento dello Stato per spese di pubblicità. E’ complicato attingere a dati effettivi di provenienza vaticana, vuoi per la cronica arretratezza nella divulgazione dei rendiconti, vuoi per l’indubbia capacità di “maneggiare” con maestria i dati rappresentati. Non sempre l’elusione è concetto di natura tributaria ed infatti in questo caso può venire utile quando si ha necessità di “spostare” l’effettiva destinazione di somme che, “per norma di legge” avrebbero quale unica fonte di destinazione le attività istituzionali del ricevente. Conosciamo i costi degli spot pubblicitari ed anche la frequenza con la quale, nel periodo primaverile in particolare, veniamo “bombardati” di pubblicità della CEI, ben attenta a ricercare orari e programmi ad alta frequentazione popolare nella stagione in cui si redigono le dichiarazioni dei redditi. Prendendo come dato base un costo medio di spot radiotelevisivi “a pacchetto” sui canali nazionali (circa 250.000 euro, oltre il costo della realizzazione del video e dell’audio), si può agevolmente immaginare l’immane mole di denaro pubblico sperperato da chi lo ha ricevuto.

Vi sono numerose altre forme di finanziamento diretto alla Chiesa: deducibilità fiscale delle offerte da parte dei cittadini, fino a un tetto massimo di circa 1000 euro; esenzione fiscale totale, comprese imposte su successioni e donazioni, per le parrocchie e gli enti ecclesiastici; finanziamenti alle scuole paritarie private, (al cui gruppo appartengono quelle cattoliche); oneri di urbanizzazione destinata agli edifici di culto; contributi agli oratori; approvvigionamento idrico del Vaticano…

Ritengo utile portare a paragone i principali meccanismi di finanziamento Stato-religione in 3 Paesi, profondamente diversi tra di loro:

PAESI BASSI: La Costituzione equipara le convinzioni religiose e quelle non religiose. Lo Stato non finanzia alcuna Chiesa: vantaggi fiscali sono previsti solo per associazioni religiose. La sola forma di finanziamento è lo stipendio, totale o parziale dei cappellani. Tutti i cittadini hanno la possibilità di obiettare al riposo domenicale. Il matrimonio religioso è privo di efficacia legale e deve essere obbligatoriamente celebrato dopo quello civile, ammesso anche per le coppie gay.

GRECIA: La Costituzione statuisce la «predominanza» della Chiesa ortodossa e stabilisce che il Presidente delle Repubblica debba giurare in nome della Santissima Trinità. Non è possibile aprire edifici di culto alle religioni diverse da quella ortodossa senza il preventivo consenso di quest’ultima, né fare proselitismo. L’insegnamento religioso nelle scuole è di competenza della gerarchia ortodossa ed è limitato alle scuole elementari. Il clero ortodosso è stipendiato dallo Stato, che gestisce gli edifici di culto, trattenendo il 35% degli introiti delle parrocchie. La decisione del governo di far scomparire l’indicazione della fede sulle carta d’identità ha provocato la reazione della Chiesa nazionale.

SPAGNA: I rapporti con la Chiesa cattolica sono disciplinati da un Concordato. È possibile devolvere alle Chiese una parte delle entrate fiscali (5,2 per mille), mentre gli immobili e gli oggetti di culto sono esenti da imposte. Il matrimonio può essere dichiarato nullo anche dalla Chiesa cattolica con effetti civili. Dal 2005 il matrimonio omosessuale è consentito per legge. L’insegnamento della religione, esercitato da professori selezionati dalla struttura ecclesiastica, è facoltativo. Il Governo Zapatero ha preannunciato numerosi interventi di laicizzazione delle istituzioni statali. La capacità di infrangere schemi secolari attraverso interventi legislativi specifici, coniugata con un fermo rispetto delle libertà di culto e di espressione del singolo, non può pertanto che essere l’obiettivo al quale dedicarsi.

Paolo Briziobello

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