In una nota libreria di corso Vittorio, a Torino, c’è un
comparto “segreto” di pubblicazioni poco note. Con un po’ di
fortuna e un pizzico di audacia, facendo scorrere una paratia
sul suo binario, appare un piccolo tesoro di libri insoliti. Si
tratta di opere autorevoli sulla Massoneria, scritte da Autori
appartenenti o appartenuti ad essa. Nascosto, fra tomi ben più
imponenti di mole, il volumetto tascabile di Michele Terzaghi: “Fascismo
e Massoneria”, nell’edizione postuma pubblicata nel 2000 da
Arktos-Oggero, editore in Carmagnola (Torino).
L’Autore racconta, con sincerità impressionante, il periodo di
ascesa del Fascismo al potere, ricordando episodi vissuti in
prima persona a fianco del Duce, come quando “Mussolini, da
semplice deputato, sedeva in uno scanno accanto al mio. Ogni
tanto ci scambiavamo delle impressioni.
Eletto deputato nel 1921, Michele Terzaghi, avvocato,
repubblicano, poi socialista come Mussolini, fu tra i fondatori
del Partito Nazionale Fascista. Ma ciò che maggiormente
sconcerterà il lettore è l’appartenenza di Terzaghi alla
Massoneria, ossia l’associazione promotrice del Risorgimento,
alla quale appartennero Mazzini, Garibaldi e Cavour.
Ancora oggi, nonostante i numerosi articoli giornalistici ed i
servizi televisivi, la Massoneria mantiene intatto il fascino
del suo mistero. Terzaghi aiuta il lettore a conoscere
dall’interno questa antica istituzione esoterica e i suoi
principii.
I capisaldi essenziali della Massoneria, quali emergono dal
libro, sono tre: libertà, giustizia, conoscenza.
Dalla prima scaturirebbe la tolleranza, dalla seconda l’uguaglianza
dei diritti, quindi la fratellanza degli uomini e la
solidarietà. Infine, dalla terza, si originerebbe la ricerca
della verità (non il certum dei Romani,
bensì il verum).
E’ anche interessante la disamina storica sulla scissione della
Massoneria nel 1908 e sulla struttura dei due tronconi che ne
derivarono: quello con sede a Roma a Palazzo Giustiniani e
quello, minore, a Piazza del Gesù.
Dal libro si apprende che i Giustinianei, ossia i Massoni
che fanno capo alla Famiglia di Palazzo Giustiniani, si
distribuirebbero secondo 33 gradi, i primi tre costituendo l’
Ordine, alla cui guida è un Gran Maestro, mentre dal
4° al 33° , sempre all’obbedienza del Gran Maestro,
costituirebbero il cosiddetto Rito Scozzese, ispirati nel
loro perfezionamento spirituale dalla figura di un Sovrano
Gran Commendatore.
Invece, i Massoni all’ Obbedienza di Piazza del Gesù,
avrebbero una unica distribuzione dal 1° al 33° grado, la figura
del Gran Maestro coincidendo con quella del Sovrano
Gran Commendatore.
Questa partizione della Massoneria in Obbedienze, o
Famiglie che dir si voglia, è rigorosa: se si appartiene
all’una non si può appartenere all’altra,tranne eccezionalmente
il caso di Roberto Farinacei, famigerato “ras di Cremona”, che
apparteneva ad entrambe. E le confondeva pure!
E’ sintomatico di un certo tipo di evoluzione il fatto che
Terzaghi, pur essendo all’Obbedienza di Piazza del Gesù, non
esiti ad attribuire pesanti responsabilità al suo Sovrano e Gran
Maestro Raoul Palermi, mentre riconosce la buona volontà del
Capo dell’altra Obbedienza, il Gran Maestro Domizio Torrigiani.
Infatti, egli ricorda: “Mi incontrai per caso con Domizio
Torrigiani, il quale non dissimulò la sua riservatezza di
giudizio, e mi disse: ‘Sta attento che il successo che vanno
conseguendo i Fasci non vi dia alla testa’ ”.
Terzaghi segnala nomi e cognomi dei massoni delle due diverse
Famiglie che, come fece egli stesso, entrarono nelle file del
Fascismo. In numero maggiore quelli di Piazza del Gesù, ma:
“anche alcuni massoni di Palazzo Giustiniani si ritrovarono
nelle file fasciste. D’altra parte la Massoneria non potrebbe
essere saggia se si astraesse dalla vita reale e non si
preoccupasse di penetrare un po’ dappertutto, non fosse che a
titolo di osservazione e di vigilanza”.
Terzaghi spiega la sua interpretazione della grande scissione
massonica del 1908, avvenuta poco tempo dopo la morte
dell’autorevolissimo Adriano Lemmi, ultimo capo unico e
indiscusso di tutta la Massoneria italiana. Interpretazione
opinabile, complessa, e tuttavia degna dell’approfondimento da
parte del lettore. La vicenda provocò un indebolimento di tutta
la Massoneria, ciò che impedirà una efficace azione antifascista
al momento giusto. Infatti, tutte e due le Famiglie massoniche
avevano contribuito a finanziare la Marcia su Roma, per ragioni
etiche e patriottiche. La “vittoria mutilata”, la disoccupazione
di massa, le diffuse sacche di povertà, la propaganda
nazionalista, la giustificavano, assieme al fatto che il
Mussolini della prima ora propugnava ideali socialisti e
repubblicani.
Successivamente, accortasi dell’errore politico, la Massoneria
di Palazzo Giustiniani, rappresentata da Domizio Torrigiani, si
oppose al Fascismo.
“I Giustinianei erano ufficialmente e non ufficialmente
oppositori, perché Palazzo Giustiniani (…) preferì coltivare le
sue sempre più accentuate riserve, in nome delle tendenze di
sinistra democratica che aveva adottato sin dal 1906. Giovanni
Amendola fu l’esempio tipico della irriducibilità giustinianea,
che purtroppo scontò tragicamente con la vita. Raoul Palermi
intanto credette di essere furbo a soffiare sul fuoco, perché
riteneva che fascisteggiando avrebbe acquistato autorità per la
propria Massoneria e trovato man forte per soverchiare Palazzo
Giustiniani”.
Seguono brani di conversazione fra Terzaghi e i due Gran
Maestri, nel tentativo abortito di ricongiungere le due
Obbedienze, che mai si unificarono.
L’Autore è impietoso nel denunciare che l’incipit
mussoliniano si avvalse dell’aiuto finanziario delle due
Massonerie, finchè “ (...) cominciò poi a montare l’ondata
antimassonica che si risolvette nella dichiarazione di
incompatibilità tra Fascismo e Massoneria, avvenuta nel marzo
1923 in una adunanza del Gran Consiglio Fascista”. E poi “con lo
spettacolo dei propri dissensi, la Massoneria denunciava la
propria debolezza, di modo che per Mussolini non rappresentava
nulla nel giuoco politico, e tanto meno una forza viva e attiva
da potersi contrapporre al colosso del Vaticano”.
La Massoneria italiana fu distrutta dalle squadracce fasciste:
incendiate le sedi, gli archivi, i templi. Isolati e dispersi i
Massoni. Molti di loro, come il Gran Maestro Torrigiani e
Terzaghi stesso, finirono al confino o in prigione o morirono.
Sono amare le parole di Terzaghi che ammette di aver sbagliato
quasi tutto nei riguardi del Fascismo, illudendosi di poterlo
modificare dall’interno. Parole amare come la cenere in cui fu
ridotta la Massoneria italiana dalla dittatura fascista.
Ma dopo vent’anni, da quelle ceneri risorse, più divisa e
frammentata che mai, tuttavia viva e vitale, come Michele
Terzaghi. Di ciò si occupa la parte finale del libro.
Non c’è traccia di polvere nella libreria di corso Vittorio. Ma,
nello scomparto nascosto dal pannello ligneo scorrevole, c’è un
pizzico di cenere. Che sia di pipa o sigaretta pare improbabile.
Forse di un bastoncino di incenso profumato? Ma da quella
traccia di cenere emerge questo piccolo libro. Quasi a
rappresentare la mitica Araba Fenice, indistruttibile come la
Verità, la Libertà, la Conoscenza.
Agostino Turturro