Consiglio a chi abbia sentito solo parlare della Lectio Magistralis
di Benedetto XVI all’Università di Ratisbona, di leggersi il bell’articolo
di Bruno Gravagnuolo apparso su L’Unità di giovedì 21 settembre.
Si troverà di fronte a una revisione completa del punto di vista papale,
con il rimprovero di aver citato solo l’invettiva di Manuele II
Paleologo e non quella del suo interlocutore “dialogante” Mudarris
teologo persiano, musulmano.
Barbara Spinelli con molta intelligenza aveva già rilevato su La
Stampa che Benedetto XVI “ha fatto un uso parziale di quel
colloquio, citando solo una frase insultante di Manuele II contro
l’Islam, al punto che il dialogo stesso nel suo insieme è completamente
assente”. In altri termini, mancando una delle due posizioni, il dialogo
si riduce a monologo lasciando nel lettore l’impressione errata che
Manuele II abbia ragione di insultare l’Islam: “Il che non è
limite da poco dal momento che a nessuno è lecito (neanche al papa!)
stravolgere nell’opposto la verità dei testi, estrapolando ciò che fa
comodo a fini apologetici”.
D’altro canto si trattava di un dialogo paritetico – cioè
dialogo/dialogante che non si conclude con un verdetto finale malgrado
le dissonanze. La sua conclusione è salomonica e ironica, seguita
dall’invito “alla moderazione e al raziocinio per non sottoporre
il corpo a eccessive fatiche”.
Dopo la discussione – mi pare – i due interlocutori si trovano assieme a
cena. Ma c’è un punto che va rilevato come centro della contesa: il
rapporto fra rivelazione e ragione, tra fede e razionalità. Il guaio è
che il papa questo rapporto lo ascrive solo al Paleologo cristiano,
sottacendo del tutto la posizione del musulmano. Si tratta invece di due
repliche in parallelo, che devono stare insieme in un confronto giusto
ed equilibrato.
Il cristiano accusa l’Islam di trascendenza assoluta, mentre il
musulmano insiste sulla irrazionalità del cristianesimo in quanto
immoderato, smisurato a differenza della legge di Maometto, che è
“misura e giusto mezzo” (métron e mesòtes).
La schermaglia introdotta dal cristiano Manuele II Paleologo era basata
su Maometto impostore, ladro della legge mosaica e dell’Evangelo di Gesù,
mentre Mudarris il musulmano spiazza l’avversario ponendo tutto sul
piano della razionalità della legge - métron e mesòtes – “la
sua razionalità, la sua applicabilità all’umano, la sua intrinseca
coerenza”. Fanatismo dell’Islam? Sangue e spada? Ma – dice il
musulmano – è proprio il messaggio cristologico che forza oltremisura
l’umano, a negare mitezza e moderazione e a schiudere la via
dell’orgoglio e del fanatismo. “La ragione e il dialogare (dialeghestai)
non sono soltanto appannaggio cristiano occidentale”. Il “logos greco” è
tanto cristiano quanto musulmano: si tratta solo di tenerlo ben
presente. Certo – conclude il Gravagnuolo – il papa almeno in questo
caso ci ha nascosto un simile fatto. “In nome del primato
cristiano”.
Prima di dar ragione all’uno o all’altro dei due, sarebbe opportuno che
anche oggi si approfondisse la questione e si chiarisse che il torto e
la ragione mai si dividono nel mezzo o stanno solo da una parte, ma sono
spesso di qua e di là a seconda del modo di condurre il ragionamento.
Paolo Angeleri