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Libero Pensiero 06/2009
Sicurezza: emergenza o autoritarismo ?
I dati ufficiali diffusi dal Ministero dell’Interno danno conto di una
costante e progressiva diminuzione del fenomeno criminale sin dal secondo
semestre dell’anno 2007. Nell’anno 2008 gli omicidi volontari sono al minimo
storico, i furti sono diminuiti del 39,72% rispetto all’anno precedente, le
rapine del 28,8%, l’usura del 10,4%, la ricettazione del 31,6%, il
riciclaggio del 5,8%, le minacce del 22,1%; diminuiti anche estorsioni e
danneggiamenti. Sempre gli stessi dati ci dicono che anche i reati di
violenza sessuale sono diminuiti: -8,4%. Non solo, la maggior parte degli
“stupri” si consuma entro le mura domestiche: i dati relativi al 2007 ci
dicono che il 69,7% è opera di partner, il 17,4% di un conoscente e solo il
6,2% è opera di estranei. La sicurezza delle persone è dunque oggi
maggiormente assicurata rispetto al passato e se un bisogno di sicurezza
emerge esso sta nell’assicurare la tutela delle donne dalle offese delle
persone a loro più vicine. Eppure:
- Dalla primavera scorsa l’“emergenza sicurezza” occupa pressoché
interamente l’agenda del Parlamento ed in nome della sicurezza si sono
varate, spesso con il beneplacito dell’opposizione, norme, quali
l’“aggravante di clandestinità”, di intollerabile eccezionalità rispetto al
sistema dei valori costituzionali; dalle pagine della stampa uomini politici
di più parti, cogliendo a pretesto dolorosi fatti di cronaca, si lanciano in
scriteriati attacchi all’indipendenza dei giudici, invocano di sostituirsi
ad essi per comminare solo carcere per legge agli indagati, e per
legittimare le proprie istanze confondono le carte e deliberatamente
promuovono per “certezza” della pena ciò che altro non è che “certezza della
anticipazione di una pena” ancora tutta da decidere, sacrificando il valore
costituzionale della presunzione di non colpevolezza;
- In nome della sicurezza il governo approva un decreto che rischia di
agevolare l’istinto dei cittadini a dar sfogo ad insane voglie di
ritorsioni, sminuendo l’operato delle forze dell’ordine, impone la totale
privazione della libertà personale degli indagati per pericolosità presunta
senza che nessun giudice l’abbia realmente accertata, invoca l’eliminazione
delle misure alternative al carcere laddove è noto che esse “disincentivano”
la recidiva in misura di gran lunga superiore alla detenzione; in nome della
sicurezza, il governo chiede oggi ai medici di violare il “giuramento di
Ippocrate”; - sollecita le vittime di reato a divenire delatori pena la
perdita di legittime facoltà; impone ai detenuti il sacrificio di diritti
umani elementari; introduce una sorta di schedatura in ragione della
“diversità” di chi, per scelta o per necessità, non ha stabile dimora;
- Utilizza norme di dubbia legittimità costituzionale, quali i delitti di
apologia e di istigazione, come pericoloso strumento di limitazione del
diritto di libera associazione e di libera manifestazione del pensiero.
Se i dati del Ministero dell’interno non dicono il falso, le pretese misure
sulla sicurezza dei cittadini, talune delle quali avallate dalla stessa
opposizione (che in passato ha “cavalcato” secondo modalità analoghe
l’esigenza sicurezza), costituiscono un inganno ai danni dei cittadini
medesimi e, lungi dal garantire più sicurezza celano, soltanto una forte
voglia di “ordine pubblico” a tutti i costi.
A fronte di una simile impennata autoritaria, cui fa da emblema la proposta
di reintroduzione del delitto di oltraggio a pubblico ufficiale, la Giunta
dell’Unione delle Camere Penali Italiane sottolinea:
- come sia compito dello Stato farsi carico della sicurezza dei cittadini,
ma come sia per converso contrario all’etica della politica strumentalizzare
lo strepito suscitato da pur odiosi fatti di cronaca per ragioni di sola
propaganda; - ricorda che lo Stato forte non è quello che viene meno al
rispetto dei valori costituzionali del processo penale, ma è tout court lo
stato di diritto, che applica severamente le regole esistenti e che
garantisce la certezza della pena non con una condanna preventiva ed
aprioristica, ma con un percorso processuale di ragionevole durata senza
alcun sacrificio delle regole di accertamento dei fatti. Processi di piazza
e processi esemplari (concetti che per molti versi coincidono) sono fenomeni
che rischiano di sfuggire di mano, e di politici apprendisti stregoni la
storia fornisce fulgidi esempi;
- esprime tutto lo sconcerto e lo sdegno dei penalisti italiani per le norme
regressive ed illiberali adottate dal Governo e per quelle attualmente in
discussione in Parlamento;
- ribadisce ancora una volta la propria assoluta indisponibilità a
consentire la continua lesione dei diritti costituzionali dell’individuo, la
sistematica opera di devastazione del sistema penale e la crescente
compromissione delle garanzie nel processo ad opera di interventi
legislativi estemporanei ed emotivi, dettati dal clamore assunto da isolati,
seppure gravi, fatti di cronaca e privi di qualsivoglia utilità e di
garanzia in termini di “certezza della pena”;
- fa appello al Presidente della Repubblica, al Governo, ai Presidenti di
Camera e Senato, a tutte le forze politiche di maggioranza e di opposizione
ed alla pubblica opinione affinché si ripensi interamente l’opportunità di
adottare provvedimenti ingiustificati ed inefficaci, ma per converso
“eversivi” del sistema dei valori costituzionali, destinati a determinare
una profonda regressione del livello di civiltà e un’intollerabile svolta
autoritaria del nostro ordinamento.
Oreste Dominioni
(Presidente Giunta dell’Unione delle Camere Penali
Italiane)
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