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Libero Pensiero 06/2009
Razzismo: sogni inconfessabili e notazioni storiche
Kevin frequenta la seconda elementare in una scuola di Roma. Sul portone
campeggia la scritta: “Per soli immigrati”. Con lui, decine di bambini
allegri, con la pelle di ogni colore. Tutti parlano italiano, ma nessuno di
loro è figlio di genitori italiani. Per gli Italiani “D.O.C.”, altre scuole,
altri servizi, altro destino. Uscendo da scuola, i bimbi figli di stranieri
non potranno giocare nel parco vicino: un cartello all’ingresso destina i
giochi nel verde ai soli Italiani. Anche cinema, bar, quartieri sanciscono
per legge la segregazione razziale. I Rom non possono entrare a Roma: devono
rimanere fuori dal Gran Raccordo Anulare. Un incubo, ma potrebbe essere il
sogno inconfessabile dei razzisti nostrani. Il razzismo, dichiarato o
mascherato, porta voti. Il richiamo ossessivo alla “sicurezza” è la
mordacchia con cui si zittisce ogni richiamo alla Costituzione, alla
civiltà, alla logica. La sfiducia, la paura del diverso, sono i sempiterni
oppiacei di cui si serve qualcuno per distrarre i cittadini dalle vere cause
della crisi che stiamo vivendo.
Il razzismo è una storia antica. Lo praticarono, ad esempio, gli Angli e i
Sassoni dopo l’invasione della Britannia romana, nel V secolo, ai danni dei
Gallo-Romani. Al contrario, non erano mai stati razzisti gli antichi Romani,
che dell’integrazione razziale avevano fatto uno dei punti di forza del
millenario Impero, vera melting pot dell’antichità. (Ma lo sanno i nostrani
razzisti che si esaltano al saluto “romano”?). Segregazionisti furono i
Visigoti contro gli Ibero-Romani, così come i Longobardi invasori
dell’Italia. Lo furono i Manciù in Cina, per due secoli, fino all’Ottocento.
Ancor oggi in America Latina esistono vere caste su base razziale. Oggi
nello Yemen gli Arabi emarginano i Neri; i cattolici nordirlandesi vengono
penalizzati dai protestanti; vere forme di schiavitù sottopongono i Mori
neri della Mauritania al predominio dei Mori bianchi; la Costituzione della
Malaysia sancisce il predominio razziale dell’etnia dominante; benché
illegale, il sistema delle caste continua ad avvilire la patria di Gandhi;
nelle Isole Figi la proprietà della terra è riservata all’etnia figiana;
mentre nella Repubblica Dominicana, tanto cara ai turisti italiani, vige un
accanito antihaitianismo. Sono alcuni esempi. Ma danno l’idea di un veleno
che non accetta la diversità.
Isolati e discriminati sono sempre stati gli Ebrei, anche grazie ai
“successori di Pietro”. L’istituzione cattolica, contraddicendo gli
insegnamenti stessi del Cristo, per secoli si è distinta nella sistematica
ghettizzazione e persecuzione di quelli che definivano i “perfidi Giudei”.
Un atteggiamento così troppo frequente nella storia del papato, perché un
cristiano sincero non ne provi sincero orrore. Si pensi che in pieno
Rinascimento, papa Paolo IV con la bolla Cum nimis absurdum (1555) istituiva
ufficialmente i ghetti per gli Ebrei, “perché è oltremisura assurdo, e
sconveniente, che gli ebrei, condannati alla schiavitù eterna per la propria
colpa, con la scusa di essere custoditi dall’amore cristiano e che la loro
coabitazione in mezzo ai cristiani sia tollerata, mostrino una tale
irriconoscenza verso questi da rispondere con l’ingiuria alla generosità
ricevuta e da pretendere di signoreggiare anziché servirli come invece
devono”. E ancora nel 1775, Pio VI decretava la pena capitale per l’ebreo
che avesse osato restare fuori dal ghetto anche per una notte soltanto. E’
solo nel 1965, con la dichiarazione Nostra aetate del Concilio Vaticano II,
che la Chiesa cattolica ha scagionato gli Ebrei dall’accusa di deicidio:
almeno quelli non viventi al tempo di Gesù.
Tralasciamo di parlare del culmine del razzismo, anche sotto l’aspetto
teorico, toccato nella Germania nazista: lo conoscono tutti, compresi vecchi
e nuovi negazionisti. Basti appena ricordare che questo bestiale abominio ha
fatto talmente “scuola”, che nazisti in qualità di “tecnici della
discriminazione” furono utilizzati per il perfezionamento dell’apartheid in
Rhodesia e in Sudafrica. Qui, per legge, furono privati della cittadinanza i
Neri condotti a forza nei bantustan (riserve in cui si concedeva ai Neri “di
seguire le proprie tradizioni”!). La separazione riguardò l’ambito
lavorativo, l’istruzione, l’accesso a marciapiedi, fontane, sale d’attesa,
bagni pubblici, trasporti, aree urbane, e quant’altro. Si arrivò a proibire
matrimoni e rapporti sessuali fra persone di etnie diverse. Fu messa
fuorilegge l’opposizione antirazzista, bollata di comunismo. E nel 1960
anche l’African National Congress, che era antirazzista, venne liquidato con
l’accusa di essere un covo di comunisti. Negli U.S.A., patria indiscussa
delle libertà democratiche, la schiavitù dei Neri fu abolita solo nel 1865,
ma la loro discriminazione continuò fino al 1968. La segregazione razziale è
stata legale nelle scuole fino al 1954, sugli autobus fino al 1956. Ancor
oggi, esistono leggi razziali in alcuni degli States, malgrado i
pronunciamenti contrari della Corte Suprema: le costituzioni di alcuni Stati
prevedono tuttora scuole separate per bambini di “razze” diverse, e i
politici razzisti locali hanno buon gioco nel rendere gli elettori complici
di simili storture. I quartieri delle città diventano automaticamente ghetti
per etnie diverse: i proprietari d’immobili tendono a vivere vicino ad altri
proprietari dello stesso gruppo etnico, e così le etnie economicamente più
deboli vengono consapevolmente marginalizzate mediante il caro affitti nei
quartieri for white only.
E nel nostro Paese oggi? Il famigerato “Pacchetto Sicurezza” estende ai
pubblici ufficiali la potestà di denunciare alle autorità giudiziarie i
cittadini stranieri privi di regolare permesso di soggiorno. Ciò significa,
nel campo della Sanità, che un medico è tenuto a denunciare un immigrato
“reo” di “clandestinità”; e potrebbe significare, a rigor di logica, che
anche un Dirigente Scolastico possa fare arrestare un alunno senza i
documenti a posto! È d’altronde tristemente nota la mozione della Lega Nord
che propone l’istituzione di classi separate per bambini stranieri
alloglotti. Motivo: i bimbi migranti “rallentano” lo svolgimento dei
programmi. I figli degli immigrati dovrebbero sottostare ad un test sulla
conoscenza dell’italiano e, qualora non riuscissero a superarlo, essere
iscritti in classi differenziali. Una ben strana concezione della pedagogia:
così divisi dai bimbi italiani, i piccoli stranieri parlerebbero più in
fretta l’italiano! Per altro, mi si consenta un inciso: mentre su tutta la
scuola statale si abbattono pesantissimi tagli, si investono sedici miliardi
e mezzo di euro nell’acquisto di centotrentuno sofisticatissimi
cacciabombardieri F35 dalla multinazionale americana Lockheed (proprio
quella dello scandalo del 1972). Eppure, l’accesso a diritti e libertà è
tutelato in Italia dall’articolo 3 della Costituzione: “Tutti i cittadini
hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza
distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni
politiche, di condizioni personali e sociali”. Pertanto (è bene ricordarlo a
tutti gli smemorati) né privati, né associazioni, né pubblici uffici possono
discriminare chicchessia per i motivi suddetti. Tutti possiamo votare (art.
48 della Costituzione); possiamo esser puniti solo per aver violato leggi
già esistenti (art. 25); per tutelarci possiamo rivolgerci ai giudici, che
devono decidere in base alle leggi (artt. 24, 113 e 101); la Pubblica
Amministrazione deve assicurarci imparzialità e buon andamento (art. 97);
vincendo pubblici concorsi, chiunque di noi può diventare pubblico
dipendente, docente o giudice, oppure venire eletto a pubbliche cariche (artt.
51, 97, 106).
La legge è uguale per tutti solo se da tutti è rispettata, in base al
principio di legalità, comune a tutti i moderni stati di diritto. La libertà
è di tutti o di nessuno. Nessuno di noi è libero se qualcuno è discriminato.
Tutti siamo soli e indifesi se non siamo pronti a diventare compatti come un
pugno per difendere anche un solo essere umano maltrattato. Il nostro è un
Paese di antichissima civiltà, che ha insegnato al mondo il diritto romano e
l’uguaglianza di tutti davanti alla Legge. Non possiamo tollerare un
tradimento di questi valori, così antichi e radicati nella nostra storia. Se
lo ricordino quanti, per interesse personale o per barbaro razzismo, cercano
di virare all’indietro il timone. Ricordiamocelo tutti, sul Piave dei
diritti inviolabili. Il razzista avvelena anche te. Digli di smettere!
Alvaro Belardinelli
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