Libero Pensiero 06/2009
TESTAMENTO BIOLOGICO - Intervista al
notaio Giuseppe di Transo
“Il principio
di autodeterminazione è sacro: nessuno può essere costretto a ricevere un
trattamento medico neppure se è l’unico modo per consentirgli di restare in
vita”
D:
Il disegno di legge sul Testamento biologico, già approvato al Senato
(arenatosi nel suo iter parlamentare a causa delle proteste sollevatesi nel
paese) prevede molte limitazioni alla libertà di scelta dei cittadini.
R:
Da tempo si sperava che si potesse giungere all’approvazione di una legge
che facesse chiarezza sul rapporto tra medico e paziente, e che desse
attuazione ai principi costituzionali di autodeterminazione, in coerenza con
quanto è accaduto in molti altri paesi. Il disegno di legge in corso di
approvazione è ispirato a una filosofia completamente diversa: si mira
soprattutto a contenere il potere di scelta delle persone, prevedendo una
disciplina rigida per la formulazione delle disposizioni anticipate di
trattamento e una loro durata limitata nel tempo, attribuendo al medico il
potere discrezionale di valutarle, e addirittura vietandole relativamente
all’“alimentazione e idratazione, nelle diverse forme in cui la scienza e
la tecnica possono fornirle al paziente”, che vengono definite non
trattamenti medici, ma “forme di sostegno vitale”, in contrasto con
l’opinione della comunità scientifica internazionale e col senso comune.
D:
Insomma, si sta cercando di ribaltare il senso per cui il “testamento
biologico” era stato rivendicato?
R:
Il testamento biologico (o testamento di vita - living will -, o
disposizioni anticipate di trattamento - DAT) è nato in America, a seguito
di un dibattito iniziato intorno agli anni ’60 del secolo scorso per dare
attuazione al principio di autodeterminazione, ma anche per trovare una
risposta alle questioni morali assolutamente nuove che la scienza medica
oggi pone, consentendo spesso di prolungare artificialmente la vita anche a
rischio di mortificarne la dignità. È ormai regolato in molti paesi. Col
testamento biologico si manifesta anticipatamente il consenso o il rifiuto
rispetto a determinati trattamenti medici che si rendessero necessari
all’insorgere di malattie o invalidità tali da non consentire di esprimere
la propria volontà; si può anche designare un fiduciario, cioè una persona
delegata ad esprimere, all’occorrenza, il consenso o il rifiuto al posto del
disponente.
D:
A quali riferimenti giuridici è possibile appellarsi per contrastare una
legge che stravolge il diritto del rispetto della volontà dell’individuo?
R:
Il principio di autodeterminazione è espressamente sancito dalla
Costituzione all’art. 32: “La Repubblica tutela la salute come
fondamentale diritto dell'individuo […]. Nessuno può essere obbligato a un
determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge
non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona
umana.” Il quadro normativo è integrato dalla legge ordinaria 23
dicembre 1978 n. 833, art. 33: “Gli accertamenti ed i trattamenti
sanitari sono di norma volontari.”; da trattati internazionali, come la
Convenzione di Oviedo, art.9: “I desideri precedentemente espressi a
proposito di un intervento medico da parte di un paziente che, al momento
dell'intervento, non è in grado di esprimere la sua volontà saranno tenuti
in considerazione.”; dal Codice di Deontologia Medica, art. 37: “Il
medico deve attenersi, nell'ambito della autonomia e indipendenza che
caratterizza la professione, alla volontà liberamente espressa della persona
di curarsi e deve agire nel rispetto della dignità, della libertà e
autonomia della stessa. […] Il medico, se il paziente non è in grado di
esprimere la propria volontà, deve tenere conto nelle proprie scelte di
quanto precedentemente manifestato dallo stesso in modo certo e
documentato.” È un quadro certo approssimativo, ma la dottrina più
sensibile vi coglie da tempo l’enunciazione di un principio per il quale non
si può non rispettare la volontà di chi, quando era in grado di farlo, ha
espresso la volontà di rifiutare terapie che consentono la continuazione
della vita in stato vegetativo. Se ho diritto di rifiutare un trattamento
medico, non posso non avere il diritto di esprimere la mia volontà anche in
relazione a trattamenti futuri. Ora questa tesi è stata fatta propria dalla
Cassazione con una decisione (sentenza n.21748/2007) che rappresenta una
pietra miliare e di cui comunque non sarà facile non tenere conto.
Il
principio di autodeterminazione è sacro; nessuno può essere costretto a
ricevere un trattamento medico neppure se è l’unico modo per consentirgli di
restare in vita, ed infatti la giurisprudenza già si era espressa in tal
senso nel caso del rifiuto di trasfusioni di sangue o di amputazioni.
D:
Cosa dobbiamo aspettarci per il prossimo futuro?
R:
C’è un brutto clima, e la società sembra sempre più incapace di reagire alla
continua compressione degli spazi di libertà e di democrazia. In questo
contesto sperare nell’approvazione di una buona legge è quantomeno
azzardato, ed allora è meglio nessuna legge che una legge cattiva. Dobbiamo
comunque confidare nella saldezza dei principi costituzionali e di quelli
sui diritti umani che si vanno elaborando a livello europeo e
internazionale. In quest’ottica gli spiriti liberi devono continuare a
battersi per la difesa del principio di autodeterminazione e di
responsabilità, e per il rispetto della dignità della vita e delle umane
sofferenze.