Libero Pensiero 06/2007
RICCHEZZE E PRIVILEGI
DELLA CITTA’ DEL VATICANO
l'11 febbraio 1929, Benito
Mussolini per il regno d’Italia e Pietro Gasparri, per la Santa Sede,
firmavano i "Patti Lateranensi" (Legge 27 maggio 1929, n. 810). All’interno
di questi si configurava il Concordato. I Patti erano stati propagandati
come pacificazione, risarcimento alla Chiesa, dopo la Breccia di Porta Pia
(20 maggio 1870). Data in cui lo Stato italiano annetteva Roma all’Italia e
poneva fine a quel potere temporale edificato sul noto falso storico
medievale: il Constitutum Costantini. Il Regno d’Italia, con la legge
delle Guarentigie del 13 maggio 1871, aveva già provveduto ad indennizzare
il Vaticano, a cui erogava anche annualmente ben 3.225.000 lire per il
mantenimento del clero. Una cifra astronomica (13 milioni di euro circa),
che il Vaticano riscuoteva puntualmente, nonostante il suo non possumus
a riconoscere lo Stato Italiano. Dopo i patti Lateranensi la Chiesa prese
finalmente atto che l’Italia era stata fatta, ottenendo in cambio benefici e
vantaggi che andavano ben al di là delle sue stesse aspettative. Con il
Concordato fascista si legittimava lo “Stato della Città del Vaticano sotto
la Sovranità del Sommo Pontefice”, a cui il governo italiano si impegnava a
versare, in un’unica soluzione e in contanti, ben 750 milioni di lire (circa
600 milioni in euro). A questo si aggiungeva anche "un consolidato del
valore nominale di 1 miliardo di lire" (circa 800 milioni di euro).
Mussolini era proprio “l’uomo della Provvidenza”!
Nel 1984 (capo del Governo
Bettino Craxi), con la revisione del Concordato, l’emancipazione della
nostra Repubblica dal Vaticano, richiesta dal paese reale, si allontanava
ancora una volta. Lo Stato italiano, non solo chiamava la Chiesa alla
“reciproca collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del paese”
(art. 1), ma “ riconoscendo il valore della cultura religiosa e ... i
principi del cattolicesimo...parte del patrimonio storico del popolo
italiano” (art. 30), estendeva quella che era solo la fede di una parte
degli italiani (seppure la maggioranza) alla popolazione nella sua
interezza. Il cattolicesimo era patrimonio culturale, da trasmettere e
rinfocolare sul piano culturale. Un’affermazione di principio, quindi,
niente affatto innocente. E di cui vediamo ancora oggi i suoi cascami
ideologici dibattersi per imporre la croce nei luoghi pubblici e pretendere
una legislazione dettata e benedetta dalla Curia.
In quanto patrimonio storico
della nazione i cittadini tutti avrebbero contribuito al finanziamento della
Chiesa Cattolica mediante un contributo diretto. Nasceva allora un
meccanismo che prevedeva il versamento alla Cei (conferenza episcopale
italiana) dell’8 per mille dell’imponibile fiscale. Esteso poi anche alle
altre confessioni religiose, che ne facevano richiesta, e firmatarie di
intese con lo Stato Italiano.
La legge prevede che l’8
per mille venga calcolato su tutti i contribuenti, pertanto anche le quote
di coloro che non hanno scelto nessuna destinazione, vengono comunque
ripartite in proporzione alle percentuali di scelte realmente effettuate,
come previsto dalla legge 222 del 1985 all’art. 37: “in caso di scelte
non espresse da parte dei contribuenti la destinazione si stabilisce in
proporzione alle scelte espresse”. In base a questo espediente, si
verifica un sorprendente effetto di amplificazione, di cui beneficia
soprattutto la Chiesa Cattolica. Così, sebbene in media solo tre italiani su
dieci scelgano di destinare l’8 x mille del loro prelievo fiscale alla
Chiesa Cattolica, in pratica questa incasserà anche la maggior parte gettito
dell’8 per mille non destinato ad alcuno. Insomma, più aumentano le
astensioni più si accrescono gli introiti del Vaticano, che ottiene un
finanziamento quasi triplo rispetto ai consensi espliciti ottenuti a suo
favore. Allora, nonostante la CEI, per bocca di Ruini, consideri il
meccanismo “una forma di democrazia fiscale, aperta a tutti i
contribuenti....", bisogna rilevare che si tratta di un meccanismo dove
l’uso della democrazia è quanto meno assai strumentale.
Nel 2005, la Conferenza
Episcopale Italiana ha incassato all’incirca un miliardo di euro. Di questi,
però, solo una minima parte è destinato ad interventi caritatevoli ed
umanitari, mentre la stragrande maggioranza è utilizzata per il mantenimento
dei sacerdoti, di tribunali ecclesiastici e delle strutture vaticane in
genere. L’ammontare dell’otto per mille per l’anno 2005, che si aggira
intorno al miliardo di euro, è stato infatti così ripartito ed assegnato
dall’Assemblea Generale della CEI :
-
315.000.000 – sostentamento del clero
-
471.250.000 – esigenze di culto e pastorale
(di cui alle diocesi: 155 milioni; 200 milioni all’edilizia di culto,
case canoniche, tutela e restauro beni ecclesiastici)
-
60 milioni – catechesi ed educazione
cristiana
-
7 milioni – Tribunali Ecclesiastici
Regionali
-
49.250.000 – culto e pastorale di rilievo
nazionale
-
195.000.000 – interventi caritativi (di cui
85 milioni alle diocesi, 80 milioni al Terzo Mondo, 30 milioni per
interventi di carattere nazionale)
-
2.865.165,49 – accantonamento per future
esigenze di culto e pastorale e per interventi caritativi
Maria Mantello
Fondi erogati a vario titolo alla Chiesa
cattolica (escluso gettito 8 per mille) nell’anno 2004
·
Insegnamento della religione cattolica: euro 477.735.207. A
questo importo va aggiunto il costo per l’immissione in ruolo degli
insegnanti di religione cattolica (legge 186/2003) euro 19.289.150.
·
Parità scolastica (legge 62/2000) 30 milioni di euro, sotto forma di
buoni scuola; almeno il 59% a vantaggio delle strutture cattoliche: circa
17.700.000 euro.
·
Finanziamenti diretti per le scuole non statali: 527.474.474 euro,
di cui il 49% circa va agli istituti cattolici (258.462.492 euro).
·
Le università non statali (14 quelle riconosciute) costano allo Stato
124.149.000 euro, di cui ben 44.338.929 euro vanno a cinque
università cattoliche.
·
Deducibilità fiscale delle donazioni private a favore della Chiesa
cattolica in conseguenza del Concordato, anche se istituita ad hoc
dalla legge 222/1985 e dal D.P.R. 917/1986. In queste rientrano: 1) le
offerte volontarie destinate ai prelati cattolici: 18 milioni di euro;
2) il fondo per la costruzione degli edifici di culto: 1.807.599 euro.
·
Finanziamento diretto degli Oratori parrocchiali (legge 206/2003):
2.500.000 euro annui; finanziamento per la sicurezza sociale dei
dipendenti vaticani e dei loro famigliari: 9.397.000 euro.
·
Fondo di previdenza per il clero (leggi 791/1981 e 903/1973). Per il
clero cattolico sono stati stanziati 6.713.253 euro.
·
Cappellani militari – sono circa 200 e gli stipendi (in base alla
legge 512/1961) – sono a totale carico dello Stato: 8 milioni di euro
(cfr. sito web dell’Ordinariato militare).
·
Finanziamenti ad istituti cattolici: la legge 293/2003 ha stabilito
il versamento di 1.500.000 euro in favore dell’Istituto di studi
politici san Pio V di Roma.
·
La Finanziaria 2004 (legge 350/2003) ha inoltre stanziato: 5
milioni di euro per l’ospedale Casa Sollievo della sofferenza di San
Giovanni Rotondo; 20 milioni di euro per l’Università
campus-biomedico (Cbm), l’integrale pagamento da parte dello Stato per la
fornitura dei Servizi idrici della Città del Vaticano: 25.000.000 di
euro.
·
Esenzioni dall’IVA e dalle dichiarazioni dei redditi per gli enti
ecclesiastici – (DPR 633/1972 e DPR 917/1986) a favore degli ospedali, delle
strutture di ricovero e dei policlinici, ecc.: 1.500 miliardi di euro.
·
L’esenzione dall’ICI (legge 248/2005) comporterà, stando alle
previsioni dell’Associazione nazionale dei Comuni Italiani (ANCI), 700
milioni di euro, non corrisposti allo Stato.
Questo quadro non comprende i
finanziamenti concessi dalle Regioni e dai Comuni ad Enti della religione
cattolica.