Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno"

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ARTICOLI

Dopo il referendum sulla procreazione assistita

SI TORNA AD UN  PAESE RASSEGNATO ED OBBEDIENTE

Libero Pensiero 06/2005

 

di Maria Mantello

 

Dopo il fallimento della consultazione referendaria del 12 e 13 giugno ci chiediamo: dove è andata a finire l’Italia che ha segnato l’emancipazione civile e sociale nel nostro paese tra gli anni ’70 e ‘80?

Dopo le storiche conquiste (divorzio, diritto di famiglia, aborto, statuto dei diritti dei lavoratori, …) che avevano visto le forze politiche progressiste impegnate in un processo di costante interazione con i cittadini, oggi sembra essere ritornati in un’italietta rassegnata ed obbediente, sotto la cappa del Vaticano, alla ricerca di un capo spirituale, di un padre “onnipotente” che l’acquieti e la rassicuri negli affanni del vivere.

Sembrerebbe che gli italiani presi dai problemi economici quotidiani, dopo l’ubriacatura berlusconiana che prometteva un virtuale paese dei balocchi, abbiano preferito rimanere nella zona grigia del non pronunciamento a cui li invitavano le cordate clericali promosse dal cardinal Ruini e dalla corte dei suoi sacrestani e chierichetti: Rutelli, Casini, Pera, l’onnipresente Giuliano Ferrara, che per questa “santa causa” è volato finanche in pellegrinaggio alla Madonna di Loreto.

Forse il popolo sovrano dell’astensione non si è reso conto (o non ha voluto rendersi conto) che non si trattava solo del diritto dei pochi che oggi ricorrono alla fecondazione; ma era in gioco ben altro: la laicità dello Stato contro l’ingerenza clericale.

La legge 40, che regola oggi la procreazione medicalmente assistita, è stata fatta per compiacere le gerarchie vaticane. Come noto, per la Chiesa ogni forma di fecondazione in provetta è da considerare negativamente perché dissocia definitivamente l’atto sessuale dalla procreazione. La difesa della legge 40, allora, scaturisce dalla centralità che in essa ha il “concepito”, assurto a soggetto di diritto anche più importante della madre. Proprio come la Chiesa voleva. Per questo Ruini, pur di mantenere questo principio, non ha avuto scrupoli a trasformarsi in vero e proprio capo del partito dell’astensione, arruolando al suo seguito i fidi soldatini delle innumerevoli associazioni cattoliche presenti capillarmente sul territorio. Non l’avrebbe potuto fare? E’ vero. Lo stesso Concordato, grazie al quale la Chiesa di Roma preleva alle casse dello Stato italiano ben 936.000 euro all’anno, glielo vieta. Ma chi l’avrebbe denunciato? Forse i Presidenti di Camera e Senato, sempre più metabolizzati in funzionari vaticani? O il capo dell’opposizione, che timidamente ha detto che avrebbe votato secondo la sua coscienza (“da cattolico maturo”), ma che si è ben guardato dal dire una parola nel merito della legge 40?

I comitati referendari hanno fatto l’impossibile per sensibilizzare gli italiani, ma la questione è divenuta di pubblico dominio, per il rilievo televisivo dato all’evento, solo grazie alla presa di posizione chiara e al supporto fattivo alla campagna per il sì da parte di Piero Fassino. Ma, a poco meno di due settimane dal voto, ormai era troppo tardi.

Resta senz’altro il patrimonio laico di quel 25,9% di laici convinti che sono andati a votare. E da quel patrimonio si dovrà ripartire per le battaglie che ci attendono.

Tuttavia, per il momento, non possiamo non constatare come il fallimento di questo referendum, abbia evidenziato la resa della società civile. Un processo di disgregazione scientemente e sistematicamente messo in atto dalla fine degli anni ‘80. L’età del riflusso, come è stata definita dai sociologi, dove una classe dirigente affarista e spregiudicata chiudeva la strategia delle riforme progressiste e delle aspirazioni di emancipazione sociale degli anni ‘70. Negli anni ’90, gli interessi particolari tornavano ad avere la meglio su quelli collettivi e l’arroganza si chiamava decisionismo. Tornavano chiassosi e prepotenti vecchi e nuovi ricchi, sempre più furbi, sempre più rampanti. Il circuito riformista era ormai chiuso e, per compensazione, si riproponeva la tradizione, la famiglia – clan, rifugio e schermo per cercare di fare i propri casi.

Frattanto la Chiesa, privata del suo storico partito di riferimento, la Democrazia Cristiana (spazzata via nel turbine di Tangentopoli), sperimentava nuove possibilità di domanda ed offerta nel mercato politico. Dal canto suo, tanta sinistra disorientata si mostrava incapace di attingere al grande patrimonio culturale e politico che pure l’aveva caratterizzata, e non trovava di meglio che rincorrere le posizioni “cattocomuniste”, in una gara di omaggi al Vaticano fatta di plateali “conversioni”: chi accorreva dal Papa con i figli al collo per donare i Vangeli; chi si sposava o risposava in Chiesa; chi primeggiava nelle offerte al rialzo di finanziamenti ad enti e strutture cattoliche (ovviamente sempre con i soldi dello Stato) pur di garantirsi l’appoggio del clero negli agoni elettorali. Non occorrevano programmi, di cui erano (e sono) evidentemente a corto, ma la benedizione del clero. Tornavano gli unti dal Signore e la Chiesa tornava a gestire “le corone”.

Così il mondo cattolico, nuovamente vezzeggiato e corteggiato, poteva pretendere la rivincita.

Ora o mai più!

Ecco allora l’occupazione progressiva dei mezzi di comunicazione di massa (televisione in particolare). I più banali atti del papa, divenivano notizie da telegiornale, tanto che qualche anno fa perfino uno starnuto di Wojtyla è addirittura potuto assurgere, a titolo di apertura delle testate giornalistiche.

Ora o mai più!

Ecco allora gli sceneggiati dove primeggiavano sempre preti e monache. Tutti buoni e santi! Mentre tanti programmi televisivi di Storia si affannavano a ridimensionare ed occultare le responsabilità ecclesiastiche su antisemitismo, crociate, roghi dell’inquisizione, antichi e più recenti stermini in nome della Croce.

Ora o mai più!

E alle trasmissioni sportive comparivano suore tifose, mentre non mancavano cardinali nel coadiuvare le allegre matrone di “Domenica in”. E come se tutto ciò ancora non avesse superato la misura, anche le reiterate pubblicità reclamizzavano preti e suore alle prese con detersivi, prodotti alimentari, e quant’altro. La cattolicità presentata come unica normalità possibile, perfino nell’ostentata esibizione del simbolo della Croce sulle generose scollature (santa grazia di dio!?) di conduttrici, vallette ed aspiranti miss.

Ora o mai più!

La Chiesa chiedeva e i funzionari pubblici, i parlamentari e i ministri, a nome e per conto dello Stato elargivano. Se i soldi non c’erano meglio smantellare lo stato sociale e finanziare a piene mani la Chiesa di Roma, che una piccola parte di quelle entrate le avrebbe poi elargite (con grande propaganda mass-mediatica) in carità.

Bisogna dialogare con la Chiesa, ci si diceva, bisogna superare le barriere ideologiche. Così accadeva che in nome di una singolare “dialogo”, dove la Chiesa chiedeva e lo Stato obbediva, il Vaticano ha ottenuto i presupposti per tentare la clericalizzazione dell’istruzione.

“Datemi un fanciullo e ne farò un uomo”, dicevano i gesuiti. Ecco allora il sistema “paritario integrato”, l’immissione in ruolo degli insegnanti di religione cattolica, la Riforma Moratti.

Aggirando l'art. 33 della Costituzione, non solo si è provveduto a finanziare le scuole cattoliche, ma si è stabilito che esse integrano il sistema dell'istruzione statale.

Ora o mai più! La Chiesa ha alzato il prezzo, ottenendo l'immissione in ruolo degli insegnanti di religione cattolica. Un pasticcio che non ha precedenti! In base al quale insegnati scelti dal Vicariato, ma pagati con i soldi di tutti gli italiani, potranno insegnare anche le materie obbligatorie per tutti. Quelle che devono sviluppare la razionalità, le capacità analitico-critiche e non la fede.

Ora o mai più! Ecco allora la “scuola d’identità” di cui parla la Riforma Moratti, dove si prevede l’adesione al patrimonio morale-religioso delle realtà locali territoriali. Il che significa che ogni scuola statale dovrà fare i conti con la capillare e ben organizzata rete delle parrocchie.

Ma la Chiesa sa bene di avere di fronte una società laicissima nei fatti, dove nessuno si scandalizza più per i rapporti prematrimoniali, per i divorzi, per gli aborti, per l’omosessualità.

Ora o mai più! Il “peccato” deve diventare reato! Come nelle migliori teocrazie. Come all’epoca del Papa-Re.

Ora o mai più! Ecco allora la legge 40, trampolino di lancio per imporre a tutto campo la morale cattolica. Partendo dall’assunto della sacralizzazione del “concepito”, si rimetterà in discussione la legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza. Ma si riaprirà anche il dibattito sull’uso degli anticoncezionali. Non attentano forse al concepimento? Nessuno si faccia illusioni, la legge sulla fecondazione assistita sarà la staffetta per eliminare le conquiste civili dell’emancipazione delle donne, per riportarle alla maternità come condanna, al fiat mariano del dono da accettare. E controllare la sessualità significa controllare la società, come ha ben spiegato il fondatore della psicanalisi, che dalla Chiesa non ha mai avuto riconoscimento e simpatia.

Come si vede con i referendum che volevano abrogare le parti più oscurantiste della legge 40 la posta in gioco era ben più alta. Per questo contro questa legge si è mobilitata la parte più vigile della popolazione, quanto di meglio, forse, oggi rimane della coscienza civile in questo paese!

Ma la stragrande maggioranza degli indifferenti perché avrebbero dovuto mettersi contro i crociati del “concepito”?

Come spiegare dopo anni di imbonimento ecclesiastico mass-mediatico, che la partita che si giocava era proprio contro il potere del monopolio culturale della Chiesa, contro la prepotenza della sua unica morale.

Come spiegare loro che noi eravamo dalla parte della vita della scienza e della libertà?

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